Lieto che la stampa ed in particolare il quotidiano Repubblica si occupi dei lavori della Commissione Moro, molto meno che lo si faccia in modo superficiale ed inesatto.
Mi riferisco in particolare agli articoli apparsi relativi alle presunte rivelazioni di Raffale Cutolo. Non c’è nulla di clamoroso nelle parole del camorrista dal momento che lo stesso parla, o meglio straparla, del caso Moro da un quarto di secolo.
Più volte abbiamo ascoltato dallo stesso versioni contraddittorie per quanto riguarda le responsabilità, i referenti, i nomi e le date, sino ai rilievi a lui posti durante il processo Pecorelli nel 1998. Già negli anni ’90 inoltre vengono citati Casillo e Selis, che nel frattempo erano morti. Le parole di Cutolo sul caso Moro sono da decenni agli atti giudiziari e parlamentari e non è casuale che non abbiano mai portato a nulla.
Per quanto posso comunicare i virgolettati riportati negli articoli apparsi in questi giorni non corrispondo a quanto presente negli atti della Commissione.
E’ bene evitare certi toni sensazionalistici anche alla luce di altre inesattezze riportate. Non si tratta infatti dell’unico documento secretato, come riportato. Allo stato dell’arte l’archivio della Commissione d’inchiesta conta 875 unità documentali di cui 153 segreti e 339 riservati.
Anziché ricercare affidabilità o rivelazioni da parte di un detenuto condannato a quattro ergastoli e sotto regime di 41bis, sarebbe preferibile che tutti ci adoperassimo a fare piena luce sulle tante ombre che ancora occupano la scena sull’affaire Moro, anziché alimentarle. Solo una metodologia rigorosa ci porterà alla verità su quegli eventi, condizione imprescindibile per chiudere dal punto di vista storico e politico un tragico periodo della vita del nostro Paese.