La proposta di legge sul rientro di capitali votata dalla Camera trae la sua origine da un articolo, il primo di un decreto dell’allora Governo Letta. Si trattava del decreto-legge 28 gennaio 2014 n. 4 che recava Disposizioni urgenti in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero, nonché altre disposizioni urgenti in materia tributaria e contributiva e di rinvio di termini relativi ad adempimenti tributari e contributivi, Il decreto-legge, in sostanza, si concentrava sulla materia del rientro dei capitali, ma pure sul rinvio dei termini in materia fiscale per quelle zone che erano state colpite nel recente passato da eventi sismici e calamità naturali.
Ancora una volta il ricorso reiterato alla decretazione d’urgenza costringeva ad una discussione di argomenti eterogenei fra loro, impedendo che singoli temi di notevole importanza venissero affrontati, in modo serio, approfondito; e al Parlamento di fare le leggi secondo tempi congrui e svolgendo appieno il proprio lavoro anche in sede di Commissione.
In modo lungimirante, in questo caso, la Camera dei deputati decise di stralciare questa parte e, provvedendo alla conversione del decreto solo le parti attinenti al rinvio termini.
Quella stralciata è diventata una proposta di legge di iniziativa parlamentare, che ha impegnato il lavoro in Commissione in modo costruttivo attraverso un dibattito articolato e serrato.
Questo rappresenta un passaggio formale, ma non scontato, rispetto alla nostra decisione di voto favorevole. E’ in questo modo infatti che si stabilisce una giusta distinzione di ruoli e di rispetto tra Parlamento e Governo.
Questa iniziativa legislativa ben definisce l’istituto della collaborazione volontaria, la cosiddetta voluntary disclosure, al fine di regolarizzare la posizione di chi detiene illecitamente capitali all’estero. E’ una procedura che sta dentro le migliori pratiche internazionali, raccomandata dall’OCSE e adottata in altri importanti Paesi europei come la Germania, la Francia, la Spagna e la Gran Bretagna.
Rispetto alle esperienze passate, degli scudi e dei condoni siamo di fronte, in questo caso ad una seria e netta inversione di tendenza. E’ evidente, e ci trova anche in questo caso concordi, la discontinuità rispetto alle esperienze passate, deludenti rispetto le aspettative, e caratterizzate da eccessiva indulgenza rispetto a veri e propri evasori.
Indulgenza che prevedeva l’anonimato e una percentuale forfettaria. Il provvedimento approvato prevede invece che il contribuente, per rientrare nella legalità, dovrà autodenunciarsi presso l’Agenzia delle entrate e, quindi, pagare le imposte evase, gli interessi e le sanzioni, queste ultime ridotte.