Sistema IVA europeo: passiamo da un sistema intergovernativo a un sistema di comunità

10 years ago by in Video

L’IVA costituisce una delle basi del finanziamento degli Stati membri e dell’UE. La legislazione sull’IVA è adottata a livello europeo e applicata a livello nazionale. I dati espressi nel Libro verde elaborato dalla Commissione confermano la necessità di una riforma del sistema IVA europeo che lo adegui alle esigenze del mercato unico e permetta di massimizzare le entrate tagliando i costi di riscossione. Tuttavia, finora gli effetti delle politiche comunitarie spesso non sono stati coerenti con le loro intenzioni. Sul sistema dell’IVA è indispensabile uno sforzo per renderlo coerente con il contesto attuale. Sostituiamo a livello comunitario il metodo “intergovernativo”, come proposto da Junger Habermas, con quello della “comunità”, superando il principio del “paese d’origine” che riporta agli egoismi nazionali. Serve un sistema dell’IVA globale adattato al sistema tecnologico ed economico, resistente agli attacchi fraudolenti. Tagli alla spesa pubblica e aumento della tassazione non sono gli strumenti per la crescita economica.

Signor Presidente, abbiamo apprezzato la discussione e l’atteggiamento espresso dal Governo e dal Viceministro Casero. Ci sembra una buona discussione che ovviamente trae origine dal Libro verde sull’IVA del 2010 e dalla comunicazione della Commissione del 2011. Una discussione che ci costringe e costringe quest’Aula ad entrare in uno spirito per fortuna continentale, quindi un po’ meno provinciale di come spesso le nostre vicende ci abituano ed è sotto gli occhi di tutti quale sfida sia entrare in uno spirito continentale, di quale grande intuizione fu l’Unione europea e quale grande limite abbia assunto non solo nella percezione comune ma nella realtà dei fatti.

Assistiamo molto spesso ad una mancanza di coerenza tra le prospettive e le aspettative  tra gli effetti delle politiche comunitarie. Occorre quindi valutare, ripensare e portare coerenza. Per questo facciamo nostra la premessa stessa del Libro verde quando si dichiara che, dopo quarant’anni, è giunto il momento di effettuare un esame critico del sistema dell’IVA al fine di rafforzarne la coerenza con il mercato unico e la capacità di incrementare le entrate, migliorandone l’efficienza economica, la solidità e il contributo ad altre politiche, riducendo nel contempo i costi in conformità alle norme di riscossione.

La riforma del sistema IVA può in tal modo svolgere un ruolo fondamentale nel sostenere la realizzazione della strategia di Europa 2020. È un ritorno alla crescita grazie al suo potenziale di rafforzamento al mercato unico e di sostegno a un risanamento intelligente del bilancio degli Stati membri. Allo stesso modo riteniamo assolutamente imprescindibile che, per ottenere tali miglioramenti, si richieda un sistema dell’IVA globale, capace di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente tecnologico ed economico e sufficientemente solido da resistere agli attacchi fraudolenti verificatisi negli ultimi anni.

La Commissione, nel formulare le sue ipotesi, richiama al duplice obiettivo del consolidamento fiscale e della crescita economica. Occorre però svelare con chiarezza che questa formula cela ben note ricette fatte di tagli alla spesa pubblica e di aumento della tassazione. Questa impostazione dovrebbe essere ormai chiara a tutti, con drammatica evidenza che non solo non favorisce la crescita economica ma piuttosto la impedisce, la rallenta, la ritarda, avviando in realtà una spirale recessiva. Fin troppo spesso abbiamo assistito negli ultimi anni ad una copertura tecnica di questo tipo di impostazione quando, invece, è frutto di scelte ed impostazioni di natura politica ed è quindi molto importante che le cose vengano chiamate a questo punto con il loro nome e vengano restituite alla loro vera sostanza.

Le scelte che ricadono sulle vite dei cittadini italiani ed europei sono sempre scelte politiche portate avanti forse con strumenti tecnici ed è quindi necessario che in Europa, e in Italia, ritorni ad esservi più politica, più partecipazione, più comunità e, in quest’ottica, ha perfettamente ragione Jürgen Habermas quando, nelle sue mosse per un’altra Europa, sostiene che il metodo intergovernativo deve essere sostituito con il metodo della comunità mentre le assemblee dei Capi di Governo, legittimati da elettori nazionali e fatta per negoziare compromessi tra inamovibili interessi nazionali, la formazione della volontà politica in un Parlamento europeo diviso tra gruppi parlamentari rende possibile controbilanciare gli interessi nazionali con comunità di interesse oltre le frontiere.

Sulla materia dell’IVA è proprio ciò a cui abbiamo assistito: un processo decisionale molto spesso dubbio, opaco, ondivago e tutta l’impostazione è stata basata fin dal 1993 sul principio del Paese di origine salvo poi abbandonarla. Tutta l’impostazione sull’IVA è stata basata fin dal 1993 sul principio del Paese d’origine salvo poi abbandonarla sul finale del 2011 perché sgradita ai Governi nazionali, proprio ciò che Habermas denuncia e passare quindi ad un’idea di principio rafforzato nel Paese di destinazione.

Non c’è nulla di razionale in una burocrazia continentale che lavora per anni ad un progetto per poi verificarne l’inattuabilità politica e, quindi, abbandonarlo senza aver studiato possibili alternative. E non c’è nemmeno nulla di razionale in un sistema decisionale che, pur conoscendo i problemi e avendo la consapevolezza che possono essere affrontati solo a livello continentale, non li risolve perché prigioniero degli egoismi nazionali e dei veti incrociati.

L’altro tema importante in ogni legislazione e che si impone come monito alla politica come luogo di capacità, di responsabilità e di decisione, è quello della chiarezza e della semplificazione.

 Dovremmo avere ben chiaro tutti quanti noi come ci attenda, nella legislazione comunitaria e ancor più in quella nazionale, la necessità di una vera svolta culturale che ponga al centro i principi, la chiarezza normativa e l’efficacia degli effetti attesi.

Il prodursi in forma confusa di norme sovrapposte, a volte contraddittorie, rappresenta un peso enorme nelle loro ricadute economiche: è qualcosa per cui non possiamo più fare finta di nulla, è qualcosa che non possiamo più ignorare. Secondo il rapporto allegato al Libro verde, infatti, la complessità del sistema provoca un mancato introito da IVA dovuto a frodi, mancati pagamenti, errori ed altro, e alla complessità del sistema, che, nel 2009, può essere prudentemente stimato in una cifra pari al 6,9 per cento del prodotto interno lordo e al 12 per cento delle entrate IVA dell’Unione europea.

Ciò significa un’evasione pari a 118 miliardi di euro. A questo si affianca, come sacrosanto, il tema dell’equità, della trasparenza, della lotta all’evasione e all’elusione fiscale, che in Italia produce effetti allarmanti. La percentuale di evasione salirebbe, secondo il rapporto, al 22 per cento, per un totale di circa 29 miliardi di euro di IVA evasa, rispetto ad un gettito complessivo pari a oltre 130 miliardi di euro; mentre, secondo uno studio pubblicato sulla rivista della Società italiana di statistica, il gap IVA rispetto a quella potenziale risulta superiore al 25 per cento e si colloca su livelli più elevati di circa il 15 per cento rispetto alla media europea.

Questo è il contesto nel quale ci muoviamo. In un momento drammatico per l’economia, queste considerazioni sono urgenti e chiamano alla responsabilità di tutti noi, così come lo sono in un momento di mancanza di credibilità delle istituzioni nazionali e comunitarie. Si tratta di problemi che il mondo delle imprese ci chiama a risolvere e ad avere come urgenza imprescindibile.

La frammentazione del sistema comune dell’IVA dell’Unione europea, divisa in ventisette sistemi nazionali, rappresenta l’ostacolo principale a scambi efficienti, impedendo così ai cittadini di beneficiare dei vantaggi di un mercato unico autentico. Le imprese attive a livello internazionale ritengono di pagare un prezzo per questa mancanza di armonizzazione sotto forma di complessità, costi di conformità supplementari ed incertezza giuridica. Le piccole e medie imprese molto spesso non dispongono delle risorse necessarie per far fronte a questi aspetti e rinunciano, pertanto, ad intraprendere attività transfrontaliere. Quindi, la necessità di semplificazione e di omogeneità normativa diventa un problema legato strettamente alla competitività e alla capacità del nostro Paese di stare in un mercato realmente unico.

La differenziazione delle aliquote può rendere l’imposta in qualche modo redistributiva della ricchezza. Accogliamo positivamente l’atteggiamento del Governo, non solo sulla nostra mozione, accettando la riformulazione che ci propone, anche se avremmo preferito sul punto specifico stare in un ambito europeo, ma capiamo il principio su cui si fonda e su cui si fonda anche la delega fiscale votata da quest’Aula e dal Senato e attendiamo alla rilettura. Siamo particolarmente convinti della bontà e plaudiamo al Governo del fatto che valuti positivamente la necessità di predisporre efficaci misure di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale, non in senso generale, ma rispetto a quando chiediamo di adeguare un aumento dell’aliquota dell’imposta sostitutiva sulle rendite finanziarie e una revisione dell’imposta delle transazioni finanziarie.

Questo è il punto fondamentale della nostra mozione, che la differenzia da tutte le altre, così come quando salvaguardia in maniera adeguata le aliquote differenziate. Ma questo è il punto qualitativo, a nostro avviso, della mozione, perché se la leva fiscale ha un senso che non è solo quello di fare gettito, se non è solo quello di garantire entrate allo Stato, ma ha una valenza forte di natura politica, che è quella di addivenire a una giusta redistribuzione della ricchezza. Questo ci sembra il senso adeguato.  Non è il ricorso, come è stato fatto in questi anni, ad un’aliquota certa – perché è un’imposta legata al consumo e, quindi, con una larghissima base imponibile – ma diventa, soprattutto nel contrasto dell’elusione e dell’evasione e con l’aumento delle aliquote sulle rendite finanziarie, un criterio anche di giustizia e di equità fiscale.

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