Accadde tutto nella scorsa primavera quando, con la promessa di un posto fisso a 1.200 euro al mese, 130 lavoratori originari del Bangladesh vengono raggirati da un imprenditore italiano con l’aiuto di due loro connazionali. Il meccanismo è semplice ed in qualche modo cerca di fare leva sulla disperazione, ingenuità e poca organizzazione di chi, arrivato in Italia per cercare un futuro migliore, si ritrova in balia della disorganizzazione italiana in tema di lavoro e immigrazione. Non è un caso che il capolarato sia ancora un fenomeno attivo.
I bengalesi vengono contattati da due loro connazionali che dicono loro che versando una quota di 2.000 euro ciascuno alla cooperativa Rubina riceveranno un posto di lavoro. In realtà i lavoratori diventano soci della stessa che è stata regolarmente istituita a Bergamo ed è amministrata da Miah Jamal e Hussein Masum.
I 130 abbandonano i precedenti posti di lavoro convinti che riceveranno un contratto a tempo indeterminato: lasciano una condizione precaria che però è e tuttavia sufficientemente stabili da garantire loro un regolare permesso di soggiorno. Si trasferiscono dunque a Carmagnola dove 80 circa vengono sistemati in un piccolo condominio in via Petrarca, in zona Cappuccini a Carmagnola, gli altri vengono invece trasportati con un camion a Osasio, dove sono alloggiati in due casette, tra Osasio e Ceresole d’Alba.
I lavoratori ad oggi sostengono di avere compreso che sarebbero diventati soci della cooperativa solo una volta sistemati e in seguito alla convocazione, alla consegna dei 2000 euro e alla firma del contratto: loro convinzione era che si trattasse di un impiego a tempo indeterminato. La cooperativa Rubina avrebbe dovuto impiegare i lavoratori negli stabilimenti di Osasio e Ceresole d’Alba, ma dopo soli due mesi il lavoro è venuto a mancare: il primo stipendio è stato versato a fine luglio e a inizio agosto le due ditte hanno chiuso, con la motivazione di una ristrutturazione degli impianti e l’annuncio di una cassa integrazione per i lavoratori; tuttavia, tornati in fabbrica a fine agosto, i lavoratori della cooperativa hanno appreso di non avere più il posto, una scelta motivata ufficialmente dalla bassa qualità del lavoro svolto.