Il decreto-legge su Lavoro giovanile e IVA si inserisce ormai nella troppo lunga serie di provvedimenti caratterizzati da titoli di forte impatto mediatico e densi di materie eterogenee fra loro.
Di questo provvedimento non condividiamo la filosofia ispiratrice, che punta ad aumentare l’occupazione attraverso incentivi alle imprese e maggiore flessibilità, anziché politiche attive sul lavoro. Sono inaccettabili le forzature sui contratti di apprendistato, utilizzati per ridurre il costo del lavoro e fronteggiare carenze di organico. Si tratta ancora una volta di interventi parziali perchè non è con gli incentivi che si crea lavoro, ma con le politiche e da troppo tempo manca una politica industriale al nostro Paese.
Gli aspetti negativi superano di gran lunga quelli positivi e siamo di fronte a misure di ulteriore precarizzazione dei contratti flessibili e atipici, e con i primi tentativi di rendere il contratto di apprendistato come nuova forma di sfruttamento vero e proprio dei lavoratori, ciò in un Paese in cui, come testimoniano i dati, è precario il 52 per cento dei giovani sotto i 25 anni, il doppio rispetto a una decina di anni fa. Sostenere che si vuole proseguire un cammino intrapreso significa non rendersi conto di non aver mai avviato nessun percorso, ad esempio restano da sciogliere nodi importanti come il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, la questione degli esodati e la questione del blocco dell’aumento dell’IVA, nel settore socio-sanitario. Si tratta di vere e proprie emergenze sociali, che però appaiono totalmente aliene dal dibattito parlamentare.