Le serate estive sono fatte per passeggiare e le passeggiate sono fatte per riflettere. Capita così di ridestarsi d’un tratto rendendosi conto di dove i tuoi piedi ti hanno portato.
Mi è capitato così questa sera e, senza sapere come mi ritrovo al Ronzone. Volto le spalle alla scuola intitolata a Luisa Minazzi (o forse si chiama Verdeblu – non l’ho ancora capito) e i miei occhi si spostano verso quel l’ingombrante vuoto lasciato dall’abbattimento dello stabilimento Eternit.
Ora lì c’è un cantiere, o meglio c’è da qualche tempo. E’ il cantiere che dovrebbe portare alla creazione di un parco, luogo di memoria, ma anche simbolo di una città che vuole tornare alla vita.
C’è un problema. Sono le nove di sera e la recinzione che dovrebbe tenere lontani i “non addetti ai lavori” è spalancata.
Che stiano lavorando? Che le ore di luce estive vengono sfruttate sino all’ultimo per procedere con i lavori?
Le mie illusioni presto svaniscono nel constatare che la recinzione, è semplicemente aperta, spalancata. Si tratta quasi di un invito per chi voglia fare un insana e, tutto sommato potenzialmente pericolosa, trattandosi di un cantiere, passeggiata tra cumuli di macerie e di riporti di terra contenenti in buona parte rottami.
Con difficoltà mantengo la calma.
Posso comprendere che la maggioranza che amministra Casale ancora non sappia cosa fare del quartiere Ronzone e del progetto EterNot (causa delle polemiche tra anime del PDL di questi giorni), ma che una città che ha subito il dramma dell’Eternit e, quindi delle tragiche conseguenze della mancanza della sicurezza sul lavoro, non sappia salvaguardare e porre la massima attenzione sulla sicurezza di un cantiere di cui ha responsabilità tutt’altro che marginali, lo trovo un fatto insostenibile.
Chissà se Demezzi, impegnato nelle beghe di potere del PDL, o il suo fido Assessore De Luca, forse troppo occupato nella epica battaglia delle isole semi-interrate, troveranno il tempo di occuparsi di questa faccenda?