di Titti di Salvo
Un anno dopo la sentenza sull’incendio alla ThyssenKrupp, la nuova sentenza emessa ieri dal tribunale di Torino sull’Eternit ha un significato storico straordinario: riconosce e punisce il disastro doloso e l’omissione dolosa di misure antinfortunistiche. Lo fa in modo netto e argomentato che non lascia spazio alcuno ad una diversa interpretazione dei fatti, per il passato e per il futuro. La sua stessa nettezza restituisce fiducia nel successo delle battaglie giuste e potrebbe aiutare , se solo se se ne tirassero le conseguenze, a riportare nei binari una discussione su sicurezza del lavoro, precarietà ,vita, modelli di crescita che oggi incredibilmente ruota intorno all’articolo 18.
Il lavoro non è merce, questo è il punto.
In realtà questa affermazione così scontata, non è scontata per niente. Se il lavoro non è merce,la sua sicurezza, il suo valore la sua dignità sono limiti invalicabili, non disponibili per il profitto e per la competizione.Limiti rispetto ai quali deve valere il principio di responsabilità delle imprese e della società tutta intera.
Ma la sentenza è il punto di arrivo di una lunghissima battaglia civile di comunità iniziata tanti anni fa.