La questione dell’acqua

15 years ago by in Acqua, Articoli, Qua e là - consigli di lettura Tagged: , , ,

di Kandebù

Laudato si’, mi Signore, per sor’Acqua.
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

(Francesco d’Assisi)

Ci inquieta non poco il diffuso disinteresse che l’opinione pubblica sembra dimostrare circa la questione della privatizzazione dell’acqua. Grande responsabilità compete alla maggioranza dei mezzi d’informazione che – più o meno interessatamente – non hanno informato a sufficienza i cittadini sulle inevitabili conseguenze sociali e politiche della legge imposta agli italiani dal Governo di centro destra.Tuttavia ci turba persino di più il fatto che la sinistra cosiddetta istituzionale non si sia opposta abbastanza decisamente contro questa legge, né in Parlamento né mobilitando la gente che intende rappresentare. E’ come se addirittura le fossero mancate le parole per capire e dire che la privatizzazione dell’acqua realizza un progetto aggiornato del potere economico, quello di trarre plusvalore anche dalla nuda vita dell’uomo. Sembra, la sinistra istituzionale, non avere gli strumenti culturali per accorgersi come da tempo il potere economico sta trasformandosi in biopotere globale.

Sembrano restare solo i movimenti spontanei dei cittadini più consapevoli e le scarse e disperse truppe della sinistra alternativa a rendersi conto che nella questione dell’acqua si annodano epocali contraddizioni socio-economiche, storiche e antropologiche.

PRIMA CONTRADDIZIONE.

“Il libero mercato garantisce prezzi inferiori e qualità superiore delle merci”.

Tante volte abbiamo sentito ripetere il mantra liberistico che ha finito per esserne plagiata la maggior parte dei cittadini, Bersani compreso.

Eppure non è difficile accorgersi che è vero proprio il contrario: la concorrenza produce la scomparsa dal mercato dei soggetti meno pre-potenti (forse quelli che più garantirebbero la diversificazione dell’offerta) cosicché finiscono per prevalere solo i cartelli o il monopolio multinazionale. In più l’esperienze in atto di privatizzazione dell’acqua, per esempio a Latina, hanno prodotto già da subito l’aumento dei prezzi e la riduzione della fruizione del servizio per i cittadini più deboli. Né questa conseguenza può apparire inaspettata se consideriamo che lo speculatore privato riversa sulla collettività gli oneri monetari e sociali che gli procurano profitto. Così il consumatore subirà tariffe più alte e minori controlli sulla qualità dell’acqua, così il lavoratore sarà costretto a condizioni di maggior sfruttamento…

Tutto questo viene imposto oggi agli italiani mentre altrove – a Parigi ma non solo lì – si sta tornando alla gestione sociale dell’acqua dopo avere sperimentato le magnifiche sorti e progressive della privatizzazione!

SECONDA CONTRADDIZIONE.

“Non esiste alternativa alla logica del profitto perché il capitalismo è l’unica società possibile”.

Può darsi, ma solo perché abbiamo rinunciato a pensare che il capitalismo non è  l’unico mondo possibile e a ricordare che storicamente esso si è imposto non in ragione di leggi naturali necessarie ma in conseguenza di soprusi di pochi violenti verso la moltitudine. Se ripensassimo alle radici storiche della società odierna non faremmo fatica a riconoscere nella privatizzazione dell’acqua la replica di un antico furto: la recinzione delle terre di uso comune. Oggi, come in un déjà-vu, ci tocca assistere alla perdita dell’acqua come bene comune e alla sua trasformazione in merce alienata. E neppure questo è un evento inedito del nostro tempo: qualcosa di analogo è già recentemente accaduto per le frequenze radio, per il DNA delle sementi e dell’uomo… e già si sta preparando la privatizzazione dello spazio.

TERZA CONTRADDIZIONE.

“I nostri simboli sono irrinunciabili per la nostra identità di civiltà occidentale”.

Certo dei simboli non possiamo fare a meno perché sono il ponte che il nostro pensiero getta tra il passato vissuto dai nostri padri e il futuro immaginato per i nostri figli.

L’acqua, da quando ne abbiamo memoria, è sempre stata simbolo di vita per la nostra civiltà. Sarà perché siamo per due terzi acqua e senza di essa non possiamo sopravvivere a lungo; sarà perché con l’acqua purifichiamo materialmente e ritualmente sia il nostro corpo sia il nostro spirito.

Difficile quindi immaginarne e giustificarne uno sfruttamento economico privato se non rinunciando alla parte più nobile della nostra identità, compresa quella cristiana (imbarazzante per chi crede – ma non solo per lui – celebrare nel crocifisso il segno di un potere temporale e ignorare in esso il simbolo di un’umanità sofferente che ha e avrà sempre più sete!).

In ultimo, ma non per importanza, dobbiamo ricordare a noi stessi e ai più giovani che ancora non c’erano come reagimmo all’inquinamento del nostro acquedotto. Allora ci sentimmo tutti oggetto di  un crimine odioso da parte dell’avidità privata. Questo perché sentivamo l’acqua come un bene appartenente a tutta la città e a ciascuno di noi, e così era nella realtà. Così non sarà più dopo la legge sciagurata impostaci da interessi estranei alla nostra comunità. Non saremo più padroni dell’acqua che uscirà dai rubinetti di casa nostra; quell’acqua sarà diventata una merce venduta da una SPA o da una multinazionale che abita altrove.

Dobbiamo assolutamente impedire che avvenga questo intollerabile furto prendendo finalmente piena coscienza degli avvenimenti e impegnando i consigli comunale, provinciale e regionale ad attivarsi con ogni mezzo affinché ciò non accada!

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