di Monia Cappuccini
Un provvedimento che fa acqua da tutte le parti. Che rischia di stabilire un primato – tutto al negativo – nella gestione di un bene pubblico come l’acqua demandato totalmente all’iniziativa privata. Un passo in controtendenza nel panorama europeo e in assoluto contrasto con i principi sanciti dalla Costituzione.Con il decreto legge 135/09 – approvato dal Consiglio dei Ministri nel settembre scorso e attualmente all’esame del Parlamento che deve convertirlo in legge entro il prossimo 24 novembre – il Governo dà una accelerata alla liberalizzazione delle acque pubbliche già deliberata con la legge 133 del 2008. Ne parliamo con Emilio Molinari del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua.
Molinari, che cosa sta succedendo?
E’ successo che la legge 133 votata ad agosto del 2008, fortemente voluta dal centrodestra e debolmente criticata dal Pd – che anzi si lamentò per il taglio poco privatizzante del provvedimento e le dichiarazioni in commissione di Linda Lanzillotta sono lampanti a riguardo – manteneva ancora dei paletti alla privatizzazione dell’acqua pubblica. Paletti che rischiano di cadere definitivamente con l’articolo 15 del decreto legge approvato due giorni fa in Senato e ora in dirittura di arrivo alla Camera, che obbliga tutti i comuni italiani a mettere in gara d’appalto i propri servizi idrici. E’ un decreto contro l’acqua pubblica, a cui gli emendamenti presentati dall’Idv e da alcuni piddini – suggeriti da noi e tutti bocciati – cercavano almeno di lasciare ai comuni la facoltà di decidere sulla gestione del loro patrimonio idrico.
A livello locale che novità introduce il decreto?
Le società per azioni a capitale interamente pubblico vengono liquidate definitivamente e si afferma la società mista come modello di riferimento. Nel pacchetto azionario viene introdotta la soglia peggiorativa del 30% al pubblico e del 70% al privato, mentre nella prima versione della legge era stabilito rispettivamente del 60% e del 40%. Il fatto più grave è l’ipocrisia con cui viene fatta passare questa legge. Chi la sostiene nega l’intento di voler privatizzare l’acqua pubblica, adducendo a sua discolpa la possibilità per i comuni di concorrere alle gare di appalto. La realtà è che si crea un paradosso perché i comuni prima sono costretti ad alienare il 70% del loro patrimonio e poi devono concorrere per andarselo a riprendere, verosimilmente indebitandosi con le banche. Questa è schizofrenia pura.
Nonché una anomalia rispetto alla tendenza degli altri paesi europei…
Esattamente. La Francia, la Germania e il Belgio, ad esempio, stanno tornando sui passi della nazionalizzazione. Senza dimenticare che così facendo si introduce un criterio anticostituzionale.
che schifo!!! si svendono patrimoni dello stato (ovvero nostri) in cambio di pochi soldi ma immediati che così fanno fumo per la propaganda politica, causando danni immensi per i nostri figli che diventano ricattabili in quanto ciò che è assolutamente necessario (come appunto l’acqua) la dovranno comprare dalle multinazionali.