di Viviana Ferrari
Apprendiamo con stupore dai giornali del 12 ottobre che il Ministro per le pari opportunità Carfagna si è risvegliata e che ha deciso che è ora di dire basta ai simboli della sottomissione delle donne nel nostro Paese . Niente paura Silvio non c’è l’ha con te! Se la prende con chi non ti da proprio fastidio, anzi…oggi vuole proprio dire qualcosa per contrastare il problema della diffusione del burqa e del niqab nelle scuole.
Tralasciando il fatto che esistono già leggi in materia di riconoscimento nei luoghi pubblici. La soluzione proposta,semplice e scontata nella sua banalità, è un bel divieto. Una proposta di legge per vietare il burqa e il niqab nelle scuole. Grazie Ministro, illuminante. Specialmente quando, non bisogna essere degli esperti per capirlo, integrazione ed emancipazione sono processi ampi che prevederebbero un ruolo un pochino più impegnativo delle istituzioni pubbliche che un divieto.
Dove un inizio sarebbe fornire ad esempio alle scuole le risorse (economiche e di personale) per poter svolgere programmi di integrazione che portino le stesse ragazze a scegliere se indossare o meno il burqa anche fuori dalla scuola o dai luoghi pubblici.
Dove l’indipendenza e l’emancipazione siano processi congiunti a un inserimento dell’intera famiglia nel contesto sociale in cui questa vive. Beh certo che viene il legittimo dubbio che si tratti più di intolleranza che di preoccupazione vera. Anche perchè a preoccupare il mistero dovrebbe essere un Paese che si trova al 67°posto nelle classifiche internazionali per le pari opportunità prima di tutto. Un Paese dove le donne non hanno parità di salario, dove le discriminazioni sono all’ordine del giorno, dove una donna può perdere il posto di lavoro perchè incinta, se ha un contratto interinale .
Un paese dove un modello culturale che vorrebbe sancire nuovamente l’inferiorità della donna si sta pericolosamente diffondendo attraverso la politica, la televisione, la famiglia. (per non parlare del Vaticano) E come questo abbia delle conseguenze che avvertono e che pagano ogni giorno sulla loro pelle tutte le donne che vivono e lavorano in Italia .
In questo Paese in cui il Primo Ministro può permettersi ogni commento sulle donne , può raccontare barzellette maschiliste di pessimo gusto, può screditare una parlamentare facendo riferimento al suo aspetto piuttosto che alle sue argomentazioni.
Un paese dove il motto “più f…. per tutti” è ormai scritto al di sotto del simbolo della Presidenza del Consiglio; e dove il Ministro delle Pari opportunità appare, icona ironica di questo progetto, inconsapevole del suo stesso ruolo.
Caro Ministro, anche se di senza veli se ne intende, grazie per lo slancio dimostrato, ma Lei, che rientra sicuramente nella personalissima classifica delle “belle figliole” del 73 enne primo ministro , inizi a pensare alla sua, di emancipazione dal suo capo. Le donne insieme a quella parte di uomini che sanno cosa significhi la parola intelligenza, presto dimostreranno che la misura è colma ed è ora per far evolvere questo Paese dal medioevo in cui sta precipitando e di applicare veramente la costituzione anche in termini di pari opportunità.