Inchiesta nucleare n.3 “I costi di smaltimento delle scorie”

15 years ago by in Ambiente, Articoli, Nucleare, Qua e là - consigli di lettura Tagged: , , , ,

di Piero Pelizzaro*

Abbiamo visto, negli articoli precedenti, come i costi del nucleare vengono manipolati dai ‘PRO’, per convincere la popolazione ad accettare il rischio di incidenti in nome del risparmio economico. Le sorprese non si limitano ai costi iniziali e alle spese di gestione, anche per lo smaltimento delle scorie e per la completa disattivazione delle centrali ci sono dei lati oscuri che il nostro governo deliberatamente omette.costi-nucleare2

I costi di smaltimento comprendono tutti i costi per lo smaltimento delle scorie radioattive d’esercizio e degli elementi combustibili esausti dopo la messa fuori servizio di una centrale nucleare. Particolarmente onerosi in termini economici e di emissioni, i costi di trasporto e smaltimento delle scorie radioattive d’esercizio oltre che al trasporto, alla rielaborazione e allo smaltimento degli elementi combustibili esausti. I depositi di queste scorie devono essere osservati per 50 anni, in strati geologici profondi; le cifre e le emissioni di CO2 aumentano ancor di più con la fase progettuale e di costruzione, oltre che d’esercizio, degli impianti di smaltimento. Per il periodo di smaltimento vengono nuovamente stipulate assicurazioni per il rischio di incidenti, terreno fertile per le agenzie del credito.

I costi di disattivazione sono invece tutti i costi, derivanti dalla disattivazione di impianti nucleari. Per la decotanimanazione del territorio e dei materiali smantellati durante le operazioni, ed il loro trasporto ai depositi  richiederanno nuove assicurazioni e centinaia di milioni di €. Nel calcolo dei costi non si possono come in precedenza tralasciare i costi che si devono sostenere per l’aumento della CO2.

Se per i costi iniziali e i costi di gestione avevamo visto il vantaggio che il nucleare possiede nell’accesso a prestiti agevolati, nel caso delle spese ‘finali’ e di sicurezza si utilizzano ingenti finanziamenti internazionali. Per i paesi membri dell’UE, esistono i fondi concessi ai governi dalla Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), che amministra il Nuclear Safety Account, e gli stanziamenti per i programmi Phare e Tacis, quest’ultimo creato per i dell’ex-area sovietica. Non vanno dimenticati i prestiti Euratom, esistenti dall’era primordiale delle istituzioni comunitarie. Nuovamente interventi pubblici in un mercato energetico liberalizzato dove gli unici attori dovrebbero essere le aziende private. Difatti le normali procedure prevedono che le centrali nucleari, durante la loro attività, accantonino parte dei guadagni per provvedere alle spese di smantellamento. L’esperienza degli anni passati insegna tuttavia che non sempre le società rendono disponibili i fondi accumulati, lasciando alla collettività l’onere non indifferente di provvedere. Questo anche per i continui errori fatte per le previsioni di dismissione delle centrali, riviste sempre al rialzo. Le società private per per portare a termine lo smaltimento e la disattivazione richiedono, dopo le voci in bolletta, nuovi finanziamenti pubblici per sopperire alla mancanza di capitali. Ancora una volta i costi ricadono sui cittadini, che devono sopperire agli errori e alle menzogne degli attori privati ed istituzionali del mercato, come nel caso italiano della Sogin. A seguito della vittoria referendaria,  il compito di smaltire le scorie e la decontaminazione degli impianti ialiani, furono affidati prima all’Enel, poi alla società statale Sogin (società gestione impianti nucleari Spa), ad oggi ancora finanziata con un contributo versato in bolletta Enel da tutti gli italiani. Si è calcolato che dal 1987 al 2001 sono stati spesi oltre 2 miliardi di € per la sicurezza delle centrali nucleari italiane. In base ai dati diffusi dalla Sogin, alla fine del 2006 era stato già speso il 18% in più rispetto al costo preventivato di 4,3 miliardi di euro. Un dato particolatmente preoccupante se consideriamo che lo smaltimento, dopo vent’anni, è appena agli inizi: le scorie sono in fase di trattamento tutt’oggi, e continueremo a pagarle per altre trent’anni. I costi per l’ambiente diventano tuttavia incalcolabili in quanto prima che i rifiuti diventino completamente innocui, vanno posti in sicurezza per almeno cento mila anni, il tempo necessario per il decadimento radioattivo.

Ad oggi abbiamo diversi depositi “provvisori” sparsi per tutta Italia. Secondo i dati diffusi da Greenpeace, a Caorso si trovano 1880 metri cubi di rifiuti radioattivi e 187 tonnellate di combustibile irraggiato, a Latina vi sono stoccati circa 900 metri cubi di scorie radioattive, al Garigliano ne sono stoccate circa 2200 metri cubi, a Saluggia abbiamo oltre 1600 metri cubi di rifiuti radioattivi e 80 tonnellate di combustibile irraggiato. A Rotondella, (in provincia di Matera) sono stoccati circa 2700 metri cubi di scorie e soprattutto quasi due tonnellate di combustibile irraggiato provenienti da una centrale nucleare statunitense. A Bosco Marengo (Alessandria) sono stoccati circa 250 metri cubi di rifiuti radioattivi, mentre sono più di 6300 i metri cubi di rifiuti al deposito della Casaccia, in provincia di Roma. Ci sono 1000 metri cubi di scorie radioattive in provincia di Taranto, mentre a Trino Vercellese troviamo 780 metri cubi di rifiuti e 14 tonnellate di combustibile irraggiato, infine sono depositati 3000 metri cubi di materiale radioattivo ed alcune decine di elementi di combustibile irraggiato a Varese. Resta ancora però totalmente indeterminato il destino delle 253 tonnellate di scorie in corso di trattamento in Francia (costo 1.000 €/kg), che dovranno inderogabilmente tornare nel nostro paese entro il 2025.

Con l’approvazione del DDL Sicurezza-Nucleare, si aggiungono quindi altri costi di smaltimento: per la costruzione dei quattro nuovi reattori nucleari voluti da Berlusconi, che costeranno all’Italia 24 miliardi di euro, si prevedono circa altri 6 miliaridi di € solamente per il deposito delle scorie. Ulteriori capitali che lo Stato del “Re Nano” dovrà ingegnarsi di trovare, magari creando qualche altra nuova tassa occulta.

*Sinistra e Libertà - Unire la Sinistra

fonte: sinistraeliberta.it

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