Poche settimane fa, nel concludere una conferenza di un ciclo di formazione rivolto ai docenti di un liceo piemontese, affermavo che la Cina avrebbe fatto di tutto non solo per uscire in tempi rapidi dall’emergenza relativa al Corona Virus, ma avrebbe cercato di sfruttare questa occasione, partita da una situazione drammatica, come promozione della propria immagine di Paese forte, unito, moderno ed efficiente.
Era il 20 febbraio. L’Italia, l’Europa, come il resto del mondo, si presumevano immuni dalla nuova emergenza che sembrava relegata alla Cina o comunque all’Estremo Oriente. Una distanza geografica, e ancor più culturale, davanoall’Occidente nel suo complesso l’impressione che il pericolo fosse lontano o al più aggirabile con alcuni (discutibili) espedienti come il blocco dei voli diretti, l’astensione dai luoghi di ristoro o di frequentazione orientali, punte più o meno evidenti di razzismo.
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