di Carlo Leoni – fonte www.sinistra-democratica.it
Sinistra e Libertà si presenta al voto di giugno con un programma chiaro. Leggetelo e discuttetelo: è il profilo di una lista nitidamente europeista. Europeista, non eurocentrica. Le proposte di Sinistra e Libertà sono infatti profondamente immerse nel gorgo della crisi mondiale attuale, che non è una semplice, seppur grave, crisi finanziaria. Si tratta piuttosto del declino traumatico di un modello, di un paradigma economico-politico, quello liberista, che ha disciplinato il pianeta negli ultimi trent’anni.
E’ con l’ottantanove, più che con il ventinove, che vanno trovate le similitudini, perché anche oggi, come allora, finisce un ordine mondiale e si aprono di fronte all’umanità scenari inediti.
Stavolta un altro mondo è davvero possibile, perché quello liberista sta agonizzando. Si apre uno spiraglio per il cambiamento, ma occorre intervenire subito, prima che si richiuda.
Ecco perché è urgente, oltre che necessario, il sorgere di una sinistra nuova e moderna, radicale e di governo.
Abbiamo provato a tradurre questa ambizione storica in programma per la prossima legislatura europea. C’è un ruolo che vogliamo l’Europa giochi con decisione, negli anni a venire : un ruolo di pace, di difesa e sviluppo delle politiche di coesione sociale, di diffusione della democrazia e dei diritti umani. L’opposto di una Europa fortezza, che si illude di potersi chiudere in se stessa.
Ristrutturazione ecologica dell’economia, società della conoscenza e dell’accoglienza, sviluppo dei diritti e di tutte le libertà civili. Passa da qui la possibilità di un’altra Europa, non più segnata dalla politica delle destre conservatrici, come è stato negli ultimi anni.
Sinistra e Libertà è nata per dare forza a questa prospettiva nuova. E’ un impegno serio. La sua gittata va ben oltre il tempo di una campagna elettorale. Ma è importante, molto importante che si cominci bene. I contenuti di questo documento programmatici saranno discussi in alcune iniziative tematiche, su lavoro, scuola, ambiente, diritti e in una conferenza nazionale che si terrà a Roma il prossimo 9 maggio nella quale sarà varato il programma definitivo.
UNA BREVE PREMESSA
Un voto utile per cambiare l’Europa
La costruzione dell’Unione Europea è stata la scelta più importante compiuta nel nostro continente dal dopoguerra: ha preso vita una nuova realtà, prima solo pensata da personalità illuminate. Una storia lunga e antica di Stati spesso in guerra tra loro è diventata un progetto di unità culturale, politica ed economica, capace di esprimere anche un Parlamento Europeo eletto a suffragio universale. Dal Manifesto di Ventotene del 1941, stilato da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, ad oggi è stata compiuta molta strada, ma molto ancora dobbiamo fare per un’Europa davvero democratica e federalista. Sinora abbiamo visto soprattutto un’Europa economica, basata su di un mercato comune; è giunto il momento, proprio di fronte alla gravissima crisi mondiale in atto, che l’Europa faccia un decisivo passo in avanti, che diventi cioè un’Europa dei cittadini a tutti gli effetti, capace di iniziative di pace e di solidarietà a livello mondiale. Per questo occorre una Costituzione europea con il coinvolgimento diretto dei popoli che valorizzi le culture e le diverse identità, affinché non venga perduta la parte migliore della lunga storia del nostro continente. La democratizzazione dell’Unione Europea (UE) è decisiva perché l’Europa politica sia autorevole e davvero utile ai cittadini.
nIl Parlamento Europeo è un’istituzione dotata già oggi di reali poteri,in grado di prendere decisioni che pesano nella vita dei cittadini. Purtroppo però anche il Parlamento Europeo viene percepito dai cittadini come lontano ed estraneo, e c’è il pericolo che la partecipazione al voto per l’unico organo veramente democratico della UE sia troppo scarsa. I candidati di SINISTRA e LIBERTA’ s’impegnano per un’Europa utile, solidale, democratica e ecologica, che é possibile, ma che ancora non c’é.
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nL’Unione Europea di fronte alla crisi globale
nLa gravissima crisi economica mondiale in atto segna il fallimento dell’ideologia neoliberista. Per uscrirne bisogna cambiare questo disastroso modello economico promuovendo un cambiamento epocale e di civiltà. Questa è anche l’occasione per valorizzare e cambiare il ruolo della Ue. Infatti c’è bisogno di nuove e coraggiose politiche sociali ed economiche che mettano al primo posto le cittadine e i cittadini. Per questo è necessario determinare una maggioranza democratica nel PE, dove invece oggi il gruppo più forte è quello di centrodestra dei Popolari, a cui appartengono gli europarlamentari di Berlusconi. La prevalenza di governi di destra nei paesi dell’Unione Europea ha provocato negli ultimi anni una maggioranza conservatrice nella Commissione Europea e nel Consiglio Europeo, gli organi esecutivi della UE. Se non si cambia diventa più forte il rischio di una vera e propria crisi del progetto europeo, perché le destre sono in realtà nemiche dell’Europa, predicano un falso federalismo e vogliono istituzioni “deboli” per favorire i poteri economici forti.
Noi vogliamo rafforzare la partecipazione e la decisione democratica, solo così si potrà cambiare un sistema economico, politico e mediatico controllato da grandi gruppi economici e da pochi individui. In caso contrario siamo condannati ad una triste deriva verso un populismo oligarchico e sempre meno trasparente, già ben visibile in Italia, anche con leggi elettorali che mirano a provocare un bipartitismo artificiale ben diverso dal pluralismo che c’è sempre stato nel Parlamento Europeo.
nLa ricetta economica liberista perseguita dalle destre, al servizio degli interessi di pochi. all’insegna dell’ognuno per sé, trascurando la democrazia, l’integrazione sociale, il lavoro, l’ambiente, ha provocato la crisi economica, esaltata poi dalla bolla finanziaria. La realizzazione dell’euro, pur con i problemi che vi sono stati al momento della sua introduzione, in particolare per il mancato controllo sui prezzi al dettaglio, ha contribuito a ridurre i danni della crisi. Questa crisi economica, ambientale, sociale, democratica e morale dimostra quanto fosse illusorio affidare alla volontà dei singoli governi e ai mercati senza regole gli obiettivi sociali della Strategia di Lisbona del 2000.
nE’ giunta l’ora di cambiare. La grande prospettiva della Costituzione democratica si è infranta in questi anni per mancanza di determinazione nel difendere i valori dell’Europa: pace, disarmo, democrazia, lavoro, ambiente, diritti civili e sociali. Noi non rinunceremo a questi valori e ci impegneremo per rilanciare il progetto costituzionale attraverso un percorso che renda protagonisti i popoli, i soggetti sociali, le intellettualità. E’ dunque decisivo che nel Parlamento Europeo siano presenti i deputati della lista “SINISTRA e LIBERTA’” che vogliono questo cambiamento e che hanno già dimostrato di saper lavorare per questo obiettivo.
L’attività dei parlamentari europei che aderiscono a Sinistra e Libertà
La nostra esperienza in questi anni ha dimostrato la possibilità e l’utilità di lavorare insieme e sugli stessi obiettivi pur partendo da gruppi diversi: Socialisti, Verdi, Sinistra Unitaria. Tutti i momenti importanti della legislatura che si conclude hanno visto protagonisti i parlamentari che ora fanno parte di SINISTRA e LIBERTA’: dal “pacchetto clima” alla direttiva REACH sulle sostanze chimiche; dal 7° programma quadro sulla ricerca e la tecnologia all’opposizione alle 65 ore di lavoro settimanali; dalla battaglia contro la proposta della destra di liberalizzazione estrema dei servizi (Bolkestein) alle leggi sull’immigrazione e la protezione dei dati; dalla mobilitazione contro la pena di morte e per la chiusura di Guantanamo alla verità sui voli illegali della Cia di Bush e a un indirizzo di pace in Medio Oriente. Con una presenza costante ai lavori parlamentari e un “gioco di squadra” che si é rivelato vincente, è stato possibile orientare l’atteggiamento dell’UE nei confronti dell’Italia a favore delle politiche migratorie e contro le discriminazioni, sulla concentrazione dei media, sulla gestione dei rifiuti e controbattere le bugie del governo a proposito dei costi del pacchetto energia. Abbiamo anche contribuito a fare del Parlamento Europeo la casa degli europei, aprendolo a centinaia di militanti e membri di associazioni. Abbiamo usato il Parlamento Europeo come uno strumento al servizio dei cittadini, raccogliendo le istanze di gruppi e comitati e portando all’attenzione dell’UE situazioni di illegalità e sperpero di denaro pubblico che hanno condotto all’avvio dei controlli e all’apertura di procedure di infrazione. Ci siamo battuti per una riduzione dei costi della politica, ottenendo innanzitutto la riduzione degli stipendi degli europarlamentari italiani equiparandoli a quelli degli altri paesi.
LE NOSTRE IDEE E I NOSTRI IMPEGNI PER LA PROSSIMA LEGISLATURA EUROPEA
nA. Combattere la crisi con un nuovo sviluppo e la riforma ecologica dell’economia
nA1) L’Unione Europea non sta affatto affrontando in modo efficace la crisi. Quando dispone di poteri e competenze reali, come é stato nel caso della legislazione sui cambiamenti climatici (pacchetto energia) l’UE ha dimostrato di sapere agire prima degli altri e in modo coeso. Sulla crisi finanziaria ed economica non é cosi: per diverse ragioni. Ha influito negativamente la politica seguita dalla Banca centrale europea che, fino a poco tempo fa, ha prodotto innalzamenti del costo del danaro, inseguendo l’unico obiettivo del contenimento di un’inflazione peraltro già bassa; quando poi è passata alla riduzione dei tassi la crisi aveva già invertito le tendenze economiche volgendo verso la recessione. Ha pesato la mancanza di strumenti europei che obblighino i governi a trovare un accordo su interventi comuni e coordinati di politica economica; ha pesato la scelta di fare ognuno per sé, anche per cercare un facile consenso con misure elettoralistiche e tendenzialmente protezionistiche. I piani che si sfornano continuamente e in modo scoordinato non riescono ad avere un impatto reale né sui mercati finanziari, né sulla fiducia degli investitori, né tantomeno sull’economia reale. La Commissione Barroso, che in questi anni si è sempre opposta a misure legislative per regolare i mercati finanziari e favorire il credito alle imprese “virtuose”, oggi non sa gestire né guidare la risposta alla crisi. Una strada europea di rilancio è indispensabile. Per questo la UE deve diventare un soggetto politico capace di decisioni efficaci, sia per quanto riguarda la situazione interna sia per quanto riguarda la sua proiezione internazionale.
nL’Unione Europea deve farsi sostenitrice della convocazione in ambito Onu di una conferenza mondiale sui problemi economici, monetari e finanziari, al fine di costruire un sistema di cambi regolati tra le monete; di assumere misure contro la speculazione finanziaria mondiale, come l’istituzione di una tassa, con aliquota bassa, sulle transazioni di capitale a scopo puramente speculativo (la Tobin tax); di combattere i paradisi fiscali e tutte le forme di evasione fiscale; di limitare drasticamente la creazione e la circolazione dei titoli derivati; di riformare il ruolo delle istituzioni internazionali nate dall’accordo di Bretton Woods del 1944, quali la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Occorre riportare le funzioni di governo del commercio mondiale all’interno delle competenze dell’Onu, visto la clamorosa crisi del WTO, riproporre il rilancio dell’economia mondiale su basi di convergenza fra i vari paesi e per combattere concretamente i cambiamenti climatici, il fenomeno della fame e della povertà.
A2) Il Patto di stabilità e di crescita di Maastricht è legato al passato, ad una situazione economica e politica che la attuale crisi ha completamente superato. Infatti, i vincoli di bilancio in esso contenuti vengono continuamente violati dai paesi più forti che hanno bisogno di rilanciare le loro economie. Tutta l’Europa, in particolare i paesi di nuovo ingresso e quelli del Mezzogiorno d’Europa, hanno bisogno di una politica economica espansiva che si fondi su nuovi modelli di sviluppo e di consumo. Per questo vanno ridiscussi criteri e vincoli del Patto, introducendo parametri occupazionali e ambientali. La stessa funzione della Banca Centrale Europea (BCE) va ripensata. La sua missione non può essere limitata a quella del contenimento dell’inflazione, che, a causa della grave recessione economica in atto, è naturalmente su valori bassi. Al contrario deve prevalere il ruolo di finanziamento dell’economia reale, in particolare in settori innovativi dove vi è bisogno di intensificare gli investimenti. Tra il Parlamento Europeo e la BCE deve intercorrere una relazione nella quale il primo traccia le linee di fondo della politica economica e la seconda, nella piena autonomia delle proprie scelte specifiche, concorre alla realizzazione di quegli obiettivi. In questo quadro, deve avere maggiore importanza la relazione annuale del presidente della BCE al Parlamento Europeo e il conseguente dibattito parlamentare deve assumere un ruolo di indirizzo per l’istituto finanziario. Il mercato finanziario europeo può essere messo al servizio degli interessi pubblici, anche attraverso nuove forme di finanziamento quali gli Eurobond, per evitare di peggiorare la situazione del debito nazionale dei vari paesi. Nel 2010 comincerà la difficile discussione per la riforma del bilancio comunitario e dobbiamo evitare che si arrivi all’ennesimo indebolimento del quadro europeo di sostegno finanziario.
A3) Va incrementata la quota di investimenti pubblici destinati alla formazione, alla ricerca, alla innovazione. Questa è la terapia d’urto per competere nel mercato mondiale sulla qualità, non certo sul costo del lavoro o sulla distruzione dell’ambiente. Queste scelte devono guidare una nuova politica industriale dell’Europa. Conseguentemente vanno scartate ipotesi di ritorno a forme autarchiche che pure, di fronte alla crisi, si affacciano con sempre maggiore insistenza. Dall’ attuale La pesante recessione ha le sue radici non solo nelle distorsioni della finanza dei derivati, ma anche in un regime di bassi salari e di precarizzazione del mercato del lavoro, di disuguaglianza nella distribuzione del reddito fra i vari paesi e le regioni, che hanno compresso la domanda interna. Si può uscire solo solo puntando su un “green deal” mondiale, un nuovo corso economico ecologicamente e socialmente sostenibile a livello planetario. A questo “green deal” la UE può e deve dare un contributo decisivo. In particolare la Unione Europea deve tenere fede agli impegni assunti, al proprio interno e nelle sedi internazionali, rafforzando il protocollo di Kyoto con gli ulteriori obiettivi europei di riduzione di CO2, puntando con decisione e assoluta priorità sulle energie rinnovabili, che possono dare sviluppo a un nuovo tipo di politica industriale. Tutto questo richiede una semplificazione burocratica del modo di funzionare del mercato interno della Ue. Va preservato e valorizzato il ruolo del sistema delle piccole e medie imprese sostenendo la loro proiezione sul mercato mondiale globalizzato. La costruzione di moderne infrastrutture, di trasporti e comunicazioni sia fisiche che telematiche (internet veloce di seconda generazione), è strategica per la crescita civile, oltre che economica, delle società europee, ma, proprio per questo, deve essere condivisa dalle popolazioni locali.
B) Un nuovo modello sociale, ambientale, tecnologico
B1) Il cuore di una nuova politica economica e sociale europea deve essere la tutela del lavoro, della sua stabilità e continuità. Per questo proponiamo un Patto europeo per l’Occupazione e un uso mirato delle risorse del Fondo sociale europeo. Poiché bassi salari e precarizzazione del lavoro sono le cause di fondo della attuale crisi, la Ue deve promuovere una politica di piena occupazione e di elevazione della qualità del lavoro; sostenere la convergenza dei salari e delle retribuzioni europee per eliminare le differenze di retribuzione per lo stesso lavoro fra zona e zona, e tra i sessi, anche grazie alla determinazione di un salario minimo orario europeo. Occorre favorire gli accordi tra le parti sociali che si propongono di evitare e di mettere in mora i licenziamenti e combattere la precarizzazione del rapporto di lavoro, riportando la flessibilità entro confini fisiologici in base al principio che la forma normale e prevalente del rapporto di lavoro deve essere a tempo indeterminato. Vanno estese le forme di protezione del reddito, introducendo forme di salario sociale ai disoccupati di lungo periodo e agli inoccupati per favorire la ricerca di nuovi posti di lavoro. Va promossa l’estensione dei diritti nel mondo del lavoro secondo criteri universalistici e paritari e garantire l’esercizio pieno e libero dell’attività sindacale e del diritto di sciopero. Va ripreso il percorso verso una riduzione dell’orario di lavoro, in particolare nel settore manifatturiero, per liberare nuovi posti di lavoro e aumentare il tempo da destinare alla vita sociale. Bisogna prevedere che il sistema degli aiuti alle imprese contenga vincoli, per chi li riceve, in modo che non possa licenziare e sia spinto ad innovare nel senso della sostenibilità ambientale e della sua responsabilità sociale.
B2) Dopo l’approvazione del pacchetto energia, è ora necessario dirigere gli investimenti pubblici europei e nazionali verso “l’economia verde”; in particolare nella riqualificazione energetica delle costruzioni e nella vivibilità delle città, nel risparmio energetico, nelle energie rinnovabili, nei trasporti pubblici, nell’informatica e nel telelavoro. Questo avrà un triplo vantaggio: ridurrà la nostra dipendenza energetica, diminuirà le emissioni e rilancerà l’industria europea verso una nuova rivoluzione ecologica. L’Europa è leader nel settore dell’energia rinnovabile e dell’economia verde. Secondo stime della Commissione Europea, ci sono già 3,5 milioni di lavoratori impegnati nella green economy in Europa. Con un piano di investimenti coordinato, che tocchi i settori dell’edilizia, della produzione energetica e dei trasporti, si possono creare milioni di posti di lavoro qualificati che, dato il loro forte legame con il territorio, non sono delocalizzabili.
nB3) In questo contesto, il ritorno dell’energia nucleare in Italia e la volontà di usare fondi europei per finanziare nuove centrali – da aggiungere a quelli ingenti che già oggi finanziano sicurezza e ricerca- rappresentano una scelta profondamente sbagliata. L’energia nucleare non é la soluzione per i cambiamenti climatici. L’industria nucleare negli ultimi 30 anni non ha risolto né il problema della sicurezza, né quello delle scorie radioattive, né quello della proliferazione dal nucleare civile a quello militare. Imbarcarsi nella costruzione di centrali nucleari di terza generazione, già vecchie oggi, significa rinunciare a investire in energia pulita. Significa compiere un errore economico oltre che sul versante della sicurezza e dell’ambiente. Perché non ci sono le risorse per fare tutte e due le cose, né in Europa né in Italia. O si investe subito in rinnovabili e risparmio energetico, creando centinaia di migliaia di lavori e imprese verdi; o si punta su poche centrali nucleari fra venti anni, affidate a grosse imprese in realtà assistite dal denaro pubblico. La scelta da fare é per noi chiara. In ogni caso è indispensabile che l’Europa si doti di una rete di sicurezza comune capace di tenere sotto controllo le centrali nucleari già esistenti.
B4) Il modello sociale europeo è stato attaccato dalle destre per farlo assomigliare sempre più a quello americano, ora la nuova amministrazione statunitense punta oggi alla costruzione di un sistema sanitario pubblico. In questo grave momento di crisi e insicurezza, é necessario difendere ed estendere lo spazio pubblico europeo, lo stato sociale, investendo per assicurare il reddito di base, la formazione e i servizi per i giovani, i disoccupati e i lavoratori precari; garantire il diritto alla pensione, ai servizi sociali via via integrati verso l’alto. In questo senso riteniamo un delitto il dirottamento dei Fondi europei per le aree sottoutilizzate (FAS) verso il finanziamento di grandi infrastrutture inutili o non prioritarie come il Ponte sullo Stretto, recentemente decise dal governo italiano. La crescita e il miglioramento della società civile europea, a partire dai paesi e dalle regioni (come il Mezzogiorno d’Italia) che più ne hanno bisogno, può e deve diventare un potente volano per l’economia nel suo complesso, sia quella pubblica che quella privata, rivoluzionando il principio di indicatori dello sviluppo qualitativo e non solo quantitativo come il PIL.
B5) L’UE non può prescindere dall’obiettivo di costruire una “Società della Conoscenza” dove il libero accesso al sapere venga tutelato e il diritto alla formazione riconosciuto come diritto fondamentale di ogni essere umano. Vanno impegnate maggiori risorse nel triangolo ‘Formazione, Ricerca, Innovazione’ e va costruita una politica comune e condivisa su grandi scelte: dalla ricerca scientifica, alla formazione, dalla scuola pubblica di qualità, all’universalità di accesso a strumenti ormai indispensabili come internet. L’Europa deve guadagnare terreno e diventare protagonista, mettendo in campo formazione continua per tutta la vita, scuola pubblica di qualità, ricerca e università adeguatamente finanziate prioritariamente con denaro pubblico. Non possiamo accettare la “riforma Gelmini” della scuola e dell’università che taglia arbitrariamente risorse portando l’Italia fuori dall’Europa; Allo stesso modo è sempre l’Europa che deve costruire le condizioni per una grande riforma del diritto allo studio, avendo l’obiettivo di garantire a tutti i soggetti in formazione, a prescindere dalle condizioni sociali di partenza, il reale e autonomo accesso ai percorsi formativi. Per questa ragione vanno individuati parametri europei che stabiliscano i servizi di welfare minimi (casa, trasporti, sussidi) rivolti agli studenti e le studentesse in tutti gli Stati membri. Sempre con tali obiettivi è necessaria una riforma dei parametri di valutazione della qualità dell’istruzione pubblica che metta al centro non più soltanto la conoscenza come risorsa economica, ma innanzitutto il sapere e l’apprendimento come risorsa sociale e civile, invertendo i processi di mercificazione e privatizzazione in atto. Al tempo stesso dovrà valorizzare la capacità e il merito, le competenze migliori degli insegnanti, ponendo fine ai clientelismi accademici e alle discriminazioni per origine familiare.
B6) I servizi pubblici ed i beni comuni sono parte indispensabile del modello sociale europeo, perchè garantiscono accesso uguale e universale ai diritti; le associazioni dei cittadini devono avere voce, perché i servizi siano adeguati e di qualità e ne sia garantito il valore sociale e pubblico. Un esempio importante in questo senso é l’acqua, che deve essere diritto universale e non una merce così come l’energia, la salute, l’istruzione o la mobilità. La difesa e l’allargamento dello spazio pubblico europeo richiede quindi il protagonismo dei cittadini e dei soggetti sociali, quindi un potenziamento della democrazia anche nelle decisioni di politica economica. L’applicazione della direttiva “Servizi” non deve reintrodurre ciò che il Parlamento, anche grazie a noi, ha bocciato. Ribadiamo con forza il nostro impegno a riportare all’ordine del giorno della UE una direttiva sui servizi pubblici, come chiesto dalla petizione della Confederazione Europea dei Sindacati (CES), che la Commissione Barroso ha sempre rifiutato di presentare.
B7) La politica europea dei trasporti e i criteri di finanziamento europeo delle infrastrutture non hanno ancora portato ad un deciso passaggio dalla gomma alla ferrovia; la priorità sarà allora lavorare perché vengano valorizzati il trasporto pubblico urbano e le reti ferroviarie, nell’ottica di integrare meglio trasporto ferroviario a lunga distanza con reti urbane e locali, di togliere traffico pesante dalle strade, investendo anche sui porti e sulle autostrade del mare.
nB8) Per rilanciare gli investimenti nella green economy e per una nuova politica industriale é necessario mettere fine ai paradisi fiscali, alle pratiche di elusione fiscale e all’evasione, e incrementare la lotta contro il riciclaggio di denaro, sia nell’Unione Europea che a livello internazionale, così che tutti gli attori del mercato paghino la loro giusta quota di imposte nei Paesi nei quali operano e per sottomettere il potere delle istituzioni finanziarie al controllo democratico. E’ necessario avviare in modo deciso un processo di armonizzazione fiscale nel contesto europeo tale da non penalizzare il lavoro a favore della rendita; la generalizzazione di criteri di prelievo fiscale improntati alla progressività, sgravando contemporaneamente i redditi più bassi.
nB9) La necessità di concentrare gli sforzi contro la recessione, di potenziare la capacità di spesa pubblica senza appesantire i deficit di bilancio o aggravare il prelievo fiscale sui redditi da lavoro, rendono necessaria la introduzione di forme di tassazione dei grandi patrimoni, tutelando invece il risparmio; in sostanza di una tassa sulle grandi ricchezze , che tenga conto delle forme moderne in cui queste oggi si articolano, in modo da fare contribuire in modo più rilevante i ceti privilegiati alla necessaria ricostruzione economica.
B10) Una parte molto importante della discussione sulla riforma del bilancio dell’UE verterà sulla Politica Agricola Comune (PAC). L’anno prossimo inizieranno le discussioni sulla sua riforma: noi non pensiamo che sia necessario ridurre la spesa per la politica agricola, ma sicuramente é indispensabile qualificarla e riorientarla, favorendo la qualità dei prodotti e il lavoro agricolo anche e soprattutto nelle sue forme di produzione biologica; diffondendo la pratica del ciclo corto e della stagionalità, per ridurne i costi economici e ambientali; abbattendo il ricorso ai pesticidi; escludendo in qualsiasi forma l’uso di Organismi geneticamente modificati (OGM) in agricoltura. Il tutto all’interno di un sistema agricolo che abolisca la rendita parassitaria sui fondi comunitari, che dovrebbero, invece, essere attribuiti solo a chi trae il suo reddito dall’attività agricola in sé. Insomma, un’agricoltura di qualità, che contribuisce alla lotta ai cambiamenti climatici, salvaguarda il territorio e il reddito dei lavoratori agricoli e sia libera da OGM. Una scelta questa innanzitutto economica, a favore dell’agricoltura italiana ed europea di qualità, che non preclude la libertà di ricerca scientifica in ambiente protetto e in sicurezza. L’Europa, infine, deve riconoscere e promuovere il benessere e i diritti degli animali.
C. Un’Europa più giusta: democrazia, diritti civili e diritti sociali
C1) Diritti sociali e diritti di cittadinanza sono inscindibili perché insieme garantiscono giustizia sociale e libertà individuale. L’estensione dei diritti anche fuori dei confini europei è lo strumento più utile a contrastare il dumping sociale e le tentazioni protezionistiche. Dobbiamo andare verso una vera cittadinanza europea. La libera circolazione delle persone, delle merci e dei servizi è alla base della costruzione europea, ma senza diritti comuni e condivisi questa crollerebbe. Occorre abbattere tutti gli ostacoli che impediscono ai cittadini di spostarsi facilmente e liberamente in tutta l’Unione per studiare, esercitare una professione, curarsi o per altri motivi. Vogliamo per questo riscrivere la direttiva sulla mobilità dei lavoratori europei, perché sia stabilito, una volta per tutte, che i contratti di lavoro e le condizioni salariali e di sicurezza non sono aggirabili con il distacco dei lavoratori da un paese UE all’altro. Questo spazio comune di circolazione è anche la migliore garanzia di sicurezza, che oggi non è più assicurata da anacronistici confini, ma dall’unità dello spazio giuridico e dal coordinamento tra le forze di polizia. La cittadinanza europea sarà anche il definitivo riconoscimento storico del contributo dell’emigrazione italiana alla costruzione dell’Europa, così come garantirà l’integrazione dei nuovi cittadini dei Paesi dell’Europa orientale a cui la UE si è recentemente allargata.
C2) Sosteniamo parità e libertà per tutti i cittadini e i residenti dell’UE. Vogliamo un’Europa laica e perciò rispettosa di ogni credo religioso e della libertà di non averne nessuno. Proseguiremo nella nostra azione affinché sia approvata la Direttiva europea orizzontale contro ogni forma di discriminazione in ragione del sesso, della razza, della religione, dell’età, dell’handicap, dell’orientamento sessuale e identità di genere. Poiché le famiglie europee sono sempre più spesso composte da cittadini di stati diversi della UE, è necessario lavorare ad una legge che imponga il riconoscimento dei matrimoni, delle unioni civili e dei diritti parentali legalmente riconosciuti in un altro stato membro, e anche a un diritto europeo in materia di divorzio e di adozione. Continueremo a lavorare. Continueremo a lavorare per la fine di ogni forma di omofobia e di transfobia, affinché le persone gay, lesbiche, trans, possano veder riconosciuti in tutti gli stati europei lo status di cittadini con pari diritti e pari doveri; per il superamento di politiche proibizioniste che anziché rafforzare il principio di responsabilità lo indeboliscono con pratiche repressive; per il riconoscimento delle libere scelte delle persone in materia di cura, contraccezione, salute sessuale e riproduttiva; per la libertà di ricerca scientifica, inclusa quelle sulle cellule staminali; per il diritto di morire nella dignità. Sosteniamo il riconoscimento e l’incoraggiamento della diversità linguistica e culturale dell’Europa, sia quella storica, legata alle tradizioni regionali, sia quella nata dalle novità portate dalle migrazioni e dalla globalizzazione: questa diversità di lingue e culture, anche religiose, è stata, è e sarà la nostra più grande risorsa, purché si coniughi con il rispetto e il riconoscimento dei diritti individuali di tutti.
nC3) Vogliamo un Patto Europeo per il progresso sociale, che stabilisca obiettivi e standard comuni per le politiche sociali, sanitarie ed educative nazionali, così come si sono stabiliti per le politiche di bilancio. Questo deve valere anche per le politiche di inclusione dei migranti e per un sistema comune di asilo europeo per i rifugiati e i profughi che chiedono protezione da guerre, dittature o disastri ambientali. Vogliamo un’Europa in cui i milioni di persone attive nel mondo del volontariato, del non-profit, del terzo settore e della società civile abbiano sempre più influenza sulle decisioni pubbliche, perché la solidarietà diventi predominante nelle politiche europee.
nC4) In Europa vivono e lavorano già oggi milioni di migranti. Negli anni scorsi si è concentrata l’attenzione sui problemi legati all’ingresso e al soggiorno, come se quello dell’immigrazione fosse un problema passeggero. Al contrario, si tratta di un fenomeno permanente, che richiede standard comuni per l’immigrazione legale nei paesi dell’Unione Europea, sulla base di eguali diritti e responsabilità e sul mutuo rispetto. Vogliamo una politica d’inclusione che preveda diritti di cittadinanza e di espressione, oltre che pari diritti tra migranti e cittadini della UE nei luoghi di lavoro o di studio. L’Europa non può, e quindi non deve, chiudere i confini ai migranti, che sono un elemento necessario dell’economia globale e di un mondo sempre più interconnesso. Se saranno garantite opportunità di accesso e di inclusione, sarà anche più agevole la necessaria politica di governo dell’immigrazione e di deciso contrasto del traffico di esseri umani. In ogni caso i diritti umani fondamentali, a partire da quello alla salute e alla tutela dei minori, vanno garantiti anche ai migranti non regolari. Siamo a favore del diritto di voto nelle elezioni locali dei cittadini extracomunitari residenti, sull’esempio di altri paesi europei. La lotta al razzismo e il principio di non discriminazione etnica e religiosa sono pilastri della UE. Occorre lavorare per consolidarli anche in Italia dove le manifestazioni di razzismo negli ultimi anni sono diventate sempre più frequenti e allarmanti.
C5) L’Unione Europea ha avuto un ruolo importante nel promuovere la parità tra i sessi e la libertà delle donne. Le donne devono poter essere libere di decidere di sé e del proprio corpo: l’autodeterminazione femminile resta per noi un principio fondante. La crisi, tuttavia, potrebbe costringere le donne ad arretrare sia rispetto all’inserimento nel mondo del lavoro, sia rispetto alla partecipazione ai luoghi di decisione politica ed economica, riconducendole ad un esclusivo ruolo familiare. SINISTRA e LIBERTA’ si impegna perché ciò non accada e le donne siano libere di decidere di sé e del proprio corpo. Sosterremo le azioni positive, le pari opportunità, l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione, a partire dalla parità salariale e di reddito previdenziale tra lavoratori e lavoratrici. Ci impegneremo per garantire alle donne l’accesso al lavoro e alla progressione nelle carriere; per la democrazia paritaria a tutti i livelli istituzionali; per combattere la violenza nelle sue diverse forme , a partire da quella domestica, inclusa la lotta al traffico di esseri umani che riguarda in prevalenza donne e minori . Contrasteremo le politiche di falsa parità, come quelle che vogliono parificare l’età di pensionamento di donne e uomini, senza alcun riconoscimento sociale del lavoro di cura.
C6) Per la prima volta in Europa i giovani hanno di fronte a loro la prospttiva di stare peggio dei loro padri. Occorre ribaltare questa prospttiva con politiche capaci di valorizzare le giovani generazioni minacciate dal precariato nuove tutele e diritti. I giovani devono essere i protagonisti della nuova Europa, perciò va favorita la loro educazione “europea”, estendendo programmi come Erasmu anche ai giovani lavoratori; va sostenuta la loro autonomia, attraverso il potenziamento di borse di studio e altre forme di reddito; va favorita la loro mobilità all’interno dell’Unione e la loro creatività scientifica e artistica attraverso programmi di scambio di esperienze culturali e lavorative.
C7) L’Europa sta invecchiando; l’attesa di vita, grazie ai sistemi di protezione sociale è aumentata, ma i giovani sono limitati nell’esercizio della loro indipendenza, persino nei progetti di paternità e maternità, dall’incertezza sul futuro. L’invecchiamento della popolazione non si affronta riducendo la spesa previdenziale pubblica (ridurre le risorse per una popolazione che aumenta equivale a programmarne l’impoverimento) né aumentando l’età di pensionamento, senza considerare la differenza tra i diversi percorsi lavorativi più o meno usuranti. In una società che invecchia non sarà possibile sostenere i giovani senza aumentare la produttività sociale degli anziani e valorizzare l’enorme esperienza accumulata dai cittadini e cittadine senior. E’ necessaria una politica che aiuti i giovani ad affrontare le responsabilità familiari e gli anziani a mantenere una vita dignitosa e attiva. Perciò proponiamo che venga istituito e accresciuto il diritto al congedo di maternità e paternità in tutta Europa secondo gli standard più alti, per garantire l’accesso ai servizi per l’infanzia; che si incentivi la creazione di reti di servizi per gli anziani; che si progettino programmi internazionali di scambi e volontariato per gli over 60; che si confermi la necessità di garantire pensioni pubbliche dignitose.
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nD. L’Europa nel mondo.
nD1) Per combattere la crisi serve più democrazia e partecipazione. L’Europa deve darsi questo obiettivo. Deve farsi promotrice di una riforma di tutte le strutture globali. Va riformato l’ONU come perno di un possibile nuovo spazio pubblico mondiale. Il che richiede il superamento degli anacronistici criteri di funzionamento delle Nazioni Unite e soprattutto del Consiglio di sicurezza. Siamo favorevoli ad un seggio per l’Unione Europea in un Consiglio di sicurezza riformato. Come per il clima occorrono strutture ONU per l’economia, riportando quindi al suo interno le funzioni di governo del commercio mondiale finora delegate al WTO. La democrazia è la grande questione aperta come ci dicono i movimenti mondiali e di cui ci parla anche l’esperienza della nuova America Latina. L’Unione europea ha grandi responsabilità per un mondo più giusto, per la pace, il disarmo e la sicurezza, ma pochi strumenti a disposizione per realizzarle. Il nostro impegno é a favore di una politica estera comune della UE, coerente con i suoi valori fondanti.
D2) E’ prioritario il rafforzamento della dimensione politica euromediterranea; l’integrazione dei Balcani; la cooperazione economica con Russia, Cina e India. Questo rafforza il ruolo di pace dell’Europa nel contesto mondiale. La soluzione del conflitto israelo-palestinese è fondamentale per l’affermazione della pace e lo sviluppo delle relazioni in tutto il bacino del Mediterraneo e può ottenersi soltanto con il conseguimento dell’obiettivo dei “due popoli due stati”, per raggiungere il quale la UE deve assumere un ruolo più attivo, coerente e tempestivo.
D3) E’ poi da rafforzare la cooperazione di polizia, giudiziaria e dei servizi di sicurezza nel combattere, nel rigoroso rispetto dei diritti umani e della legalità, il traffico di droga, la corruzione, le mafie e il terrorismo. Proponiamo di rafforzare su scala europea la lotta alla criminalità organizzata, estendendo l’uso di misure e strumenti come la confisca e l’obbligo dell’uso sociale dei beni sottratti alla mafia.
D4) La UE deve sostenere il sistema di commercio multilaterale ed orientarlo a beneficio dei Paesi in via di sviluppo. Vanno quindi regolate le ragioni di scambio su basi di reciprocità e di parità; bisogna evitare la speculazione sui prezzi delle derrate alimentari; garantire che tutti gli accordi commerciali stipulati dall’UE prevedano clausole appropriate a favore dei diritti umani, sociali e ambientali. Lavoreremo per promuovere la diffusione del commercio equo e solidale in Europa. Alla UE spetta un grande ruolo nella lotta contro la fame, la povertà e per lo sviluppo della cooperazione internazionale. Gli obiettivi di sviluppo del Millennio fissati dall’ONU possono e devono essere integrati dalla strategia europea di uscita dalla crisi, nella realizzazione di un nuovo corso economico verde mondiale e con più intense relazioni con i paesi del grande continente africano. In questo quadro ribadiamo la necessità che la politica di cooperazione sia finanziata almeno con lo 0,7% del prodotto interno lordo. Siamo per un impulso al processo di disarmo mondiale, per liberare risorse oggi assurdamente destinate alla produzione di armamenti, riconvertendo la produzione bellica in produzione di pace.