Dopo anni in cui tutti gli indicatori economici avevano davanti, inesorabilmente, il segno “meno”, dal 2014 le cose sono iniziate a cambiare, l’Italia ha cominciato ad uscire dalla crisi e ha ripreso un cammino di crescita. E il segno “più”accompagna ora stabilmente tutte le statistiche. Il primo e più evidente esempio è il nostro Prodotto Interno Lordo: se nel 2012 il PIL diminuiva del 2,8 % e nel 2013 dell’1,7%, l’anno seguente ha fatto la sua comparsa il segno “più”. E quindi +0,1% nel 2014, +0,8% nel 2015 e +0,9% nel 2016, con una inversione di tendenza che non solo si è mantenuta costante ma si è rafforzata negli anni e con un incremento complessivo dell’1,8% nel triennio.
In economia si chiama “tendenza strutturale”, ma la cosa importante è che non si tratta solo di numeri, perché sono risultati concreti, sono effetti positivi per la vita delle famiglie e l‘attività delle imprese.
EFFETTI CHE SI POSSONO MISURARE
I consumi delle famiglie sono aumentati del 2,9% nel periodo 2014-2016; l’indice della produzione industriale è salito da 92 nel febbraio 2014 a 95,4 nel maggio 2017 e gli investimenti in capitale fisso sono aumentati del 4,6% nel periodo 2014-2016;
il clima di fiducia dei consumatori è cresciuto, tra febbraio 2014 e giugno 2017, da 94,6 a 106,4 mentre quello delle imprese da 95,2 a 106,4. Nel 2017 questa tendenza si consolida e rafforza ulteriormente: per la Banca d’Italia la crescita sarà pari all’1,4% (luglio 2017), una previsione sensibilmente più elevata di quanto il Governo stimava ad aprile (1,1%). Anche il mercato del lavoro segna grandi risultati. Il Jobs Act e la decontribuzione per nuove assunzioni hanno dato una spinta decisiva all’occupazione: più di 700 mila contratti di lavoro aggiuntivi dal 2014, due terzi dei quali a tempo indeterminato; più posti di lavoro recuperati dall’Italia rispetto ai paesi dell’Eurozona maggiormente colpiti dalla crisi; il 63% degli occupati contro il 56% dell’Irlanda, il 46% dell’Olanda, il 36% della Spagna, il 26% del Portogallo e il 15% della Grecia; diminuzione di 1,9 punti percentuali del tasso di disoccupazione totale, passato dal 13% del febbraio 2014 all’11,1% del giugno 2017; diminuzione, nello stesso periodo, del tasso di disoccupazione giovanile, sceso di 6,4 punti percentuali e attestatosi al 35,4%; un dato ovviamente non ancora soddisfacente, ma significativo.