Questa settimana la Camera ha approvato: una mozione sul funzionamento dei cosiddetti centri hotspot per i migranti; una su iniziative volte all’estensione dei cosiddetti poteri speciali del Governo al fine di salvaguardare gli assetti proprietari delle aziende italiane di rilevanza strategica e un’importante legge sulla tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo.
Una legge quest’ultima importantissima, a cui si è arrivati dopo diversi passaggi parlamentari e che finalmente è stata approvata in via definitiva. Una legge di civiltà che è frutto dell’impegno e della tenacia del papà di Carolina, la ragazza di 14 anni che nel 2013 si tolse la vita dopo aver subito atti di bullismo in rete e dalla senatrice Elena Ferrara, allora insegnante di musica della ragazza. Il dispositivo, fortemente voluto dal Partito Democratico, prevede norme per dare la possibilità alle vittime di bullismo e alle loro famiglie di chiedere la rimozione di contenuti offensivi e dannosi presenti in rete, tramite anche l’aiuto e l’appoggio del Garante della Privacy. Inoltre molta rilevanza viene data all’aspetto socio-educativo, con varie misure come l’individuazione in ogni scuola del docente referente per il contrasto del cyberbullismo, il coinvolgimento degli studenti, il rafforzamento dei programmi di educazione all’uso consapevole della rete, il finanziamento di progetti elaborati da reti di scuole per il contrasto del cyberbullismo e l’educazione alla legalità. E’ previsto inoltre l’obbligo per il dirigente scolastico di informare i genitori dei minori coinvolti in episodi di cyberbullismo, di attivare percorsi di sostegno alle vittime e di rieducazione dei bulli. Un piccolo ma importante passo che da una risposta alle ultime parole scritte da Carolina prima di togliersi la vita “Le parole fanno più male delle botte”. Una realtà quotidiana che rende difficile la vita di troppi ragazze e troppe ragazze.
Mozioni Brescia ed altri n. 1-01439, Palese ed altri n. 1-01603, Binetti ed altri n. 1-01606, Andrea Maestri ed altri n. 1-01611, Carnevali, Alli ed altri n. 1-01612 e Rondini ed altri n. 1-01613 relative al funzionamento dei cosiddetti centri hotspot per i migranti
Con questa mozione ritorniamo sul tema degli hotspot, già frutto di discussioni in quello che chiamiamo comunemente “decreto Minniti” ma che dovrebbe obbligarci ad una discussione più ampia, che va dal contrasto al traffico di esseri umani al rapporto con le politiche europee sul salvataggio, agli accordi bilaterali con alcuni Paesi africani, alle politiche di prima e di seconda accoglienza, ai tempi di verifica per il riconoscimento dello status di rifugiato, alle inadeguate politiche europee in tema di immigrazione, agli accordi inattuati di relocation, alla proposta italiana sul migrationcompact. Quello della migrazione attuale, se considerato come tale non dovrebbe riferirsi a qualcosa di temporaneo, occasionale. Oggi siamo ad oltre 45.000 persone che sono sbarcate, oltre il 41 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2016; nel solo mese di maggio sono più di 8 mila le persone che sono sbarcate sulle nostre coste, e sono 60 milioni i profughi che stanno al confine dei loro Paesi di provenienza. Sono 60 milioni di persone che, in condizioni disumane, al limite della sopportazione, potrebbero sembrare persino eroiche, ma non c’è niente di eroico in quella capacità di resilienza, di miseria, di condizioni di privazione in cui vivono gli essere umani. Quello a cui stiamo assistendo è la migrazione di una parte della popolazione africana che, per conflitti, condizioni climatiche, carestie, guerre e per condizioni anche dettate dall’incremento demografico, è spinta per ragioni di sopravvivenza ad attraversare il Mar Mediterraneo, ormai unica via principale per l’approdo al continente.
Con la mozione si chiede di adottare soprattutto iniziative utili per rilanciare una politica europea condivisa sulla revisione del regolamento di Dublino III e l’adozione di nuovi e più efficaci accordi di relocation; di proseguire negli sforzi intrapresi restando ferma la garanzia del pieno rispetto dei diritti costituzionali; di adottare ogni iniziativa utile per garantire che gli hotspot siano strutture decorose ed ospitali e l’adozione di protocolli uniformi per i requisiti e per i servizi forniti; di fare in modo che ci siano e vengano rafforzati i servizi di mediazione linguistico-culturale ed informativa legale e adottare ogni iniziativa utile per consentire un più rapido trasferimento dei migranti dagli hotspot alle strutture di accoglienza nel rispetto della dignità umana e dell’effettivo accesso all’esercizio del diritto di asilo e del rispetto del dovere istituzionale di controllare le frontiere ed identificare chi entra nel nostro territorio.
Mozioni Lupi ed altri n. 1-01525, Palese ed altri n. 1-01545, Sorial ed altri n. 1-01546, Franco Bordo ed altri n. 1-01548, Allasia ed altri n. 1-01550 e Marcon ed altri n. 1-01555 concernenti iniziative volte all’estensione dei cosiddetti poteri speciali del Governo al fine di salvaguardare gli assetti proprietari delle aziende italiane di rilevanza strategica
Al fine di salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori ritenuti strategici e di interesse nazionale è stata disciplinata la materia concernente i poteri speciali esercitabili dal Governo nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché in alcuni ambiti definiti di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni. L’obiettivo era di rendere compatibile con il diritto europeo la disciplina nazionale dei poteri speciali del Governo, collegata agli istituti della golden share e dell’action spécifique previsti nell’ordinamento inglese e francese, e già oggetto di censure sollevate dalla Commissione europea e di una pronuncia di condanna da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea, in quanto la logica sottesa all’esercizio di quei poteri era di tipo autorizzatorio e discrezionale e con un ambito di tipo soggettivo circoscritto alle imprese ex pubbliche per definire i criteri di compatibilità comunitaria della disciplina dei poteri speciali, infatti, la Commissione europea ha affermato che i provvedimenti discriminatori (cioè quelli che si applicano esclusivamente agli investitori cittadini di un altro Stato membro dell’Unione europea) sono incompatibili con gli articoli del Trattato relativi alla libera circolazione dei capitali e al diritto di stabilimento, a meno che non rientrino nel quadro di una delle deroghe previste dallo stesso, mentre i provvedimenti non discriminatori (cioè quelli che si applicano ai cittadini nazionali e ai cittadini di un altro Stato membro dell’Unione europea) sono ammessi se si fondano su una serie di criteri obiettivi, stabili e resi pubblici e possono essere giustificati da motivi imperiosi di interesse generale, fermo restando il principio di proporzionalità. Con la mozione si chiede di valutare, per quanto di competenza, la possibilità di assumere iniziative per: rafforzare i poteri speciali allo scopo di permettere una più incisiva azione governativa nella fase iniziale dei processi di cessione, collocando a valle di questa l’applicazione concreta dei poteri speciali coerenti con indirizzi e decisioni già preventivamente pianificati; introdurre un’apposita disciplina finalizzata a incrementare gli obblighi di trasparenza a carico degli acquirenti esteri di partecipazioni societarie in società italiane, in analogia alle normative vigenti in altri Paesi OCSE, a tutela dei livelli di investimento e di occupazione; a cooperare con i gruppi parlamentari per lo sviluppo di iniziative legislative che – nel rispetto della disciplina comunitaria in materia finanziaria e per la libera circolazione dei capitali – promuovano l’estensione della normativa sui poteri speciali dello Stato anche alle società nazionali operanti nel settore finanziario, dopo aver verificato se sia necessario e opportuno superare i limiti previsti dalla legislazione vigente, che considera i poteri speciali applicabili solo ai settori difesa e sicurezza, energia, telecomunicazioni e trasporti, in analogia con quanto hanno stabilito da altri Paesi europei.
Proposta di legge: S. 1261-B – D’iniziativa dei senatori: Elena Ferrara ed altri: Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo (A.C. 3139-B)
La Camera dei deputati ha approvato definitivamente la proposta di legge contro il cyberbullismo. Il provvedimento, composto da sette articoli, prevede un complesso di misure volte alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo, con particolare attenzione alla tutela dei minori (sia autori, sia vittime di illeciti), privilegiando azioni di carattere formativo-educativo.
In particolare, il minore vittima di episodi di cyberbullismo, nonché il genitore, potrà chiedere al gestore del sito internet, del social media o del servizio di messaggistica di oscurare, rimuovere o bloccare i dati personali diffusi in rete. Se i gestori non si attivano tempestivamente, l’istanza potrà essere inoltrata al Garante per la Privacy che interviene entro 48 ore. Sul lato della prevenzione, la legge introduce una serie di previsioni generali quali l’adozione di linee guida da parte del Ministero dell’istruzione, l’individuazione in ogni scuola del docente referente per il contrasto del cyberbullismo, il coinvolgimento degli studenti, il rafforzamento dei programmi di educazione all’uso consapevole della rete, il finanziamento di progetti elaborati da reti di scuole per il contrasto del cyberbullismo e l’educazione alla legalità. Previsto inoltre l’obbligo per il dirigente scolastico di informare i genitori dei minori coinvolti in episodi di cyberbullismo, di attivare percorsi di sostegno alle vittime e di rieducazione dei bulli. In proporzione alla gravità degli atti, dovranno essere previste specifiche sanzioni disciplinari nei regolamenti di istituto, ispirate, comunque, alla funzione rieducativa. Un tavolo tecnico istituito presso la Presidenza del Consiglio avrà il compito di elaborare un piano d’azione integrato per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, monitorare il fenomeno con la collaborazione della polizia postale e lavorare a un codice di regolamentazione per gli operatori della rete e promuovere campagne informative e di sensibilizzazione. È stato inoltre introdotto l’ammonimento da parte del questore, allo scopo di evitare l’azione penale e rendere al tempo stesso il “bullo” consapevole della gravità dell’atto compiuto. Quanto ai finanziamenti, vengono stanziati 203.000 euro all’anno nel triennio 2017-2019 per le attività in ambito scolastico connesse all’uso sicuro di internet e alla prevenzione del cyberbullismo.
Come sottolineato in Aula dalla relatrice per la Commissione Giustizia Micaela Campana (PD), «il web è uno spazio liquido, dove la reazione non ha mai lo stesso impatto dell’azione e (…) le vittime del cyberbullismo rappresentano una sconfitta del sistema educativo e lo sprone a fare qualcosa di concreto per la prevenzione, ma anche per la repressione degli atti di violenza perpetrati». In termini generali, come ribadito anche dal relatore per la Commissione Affari sociali Paolo Beni (PD), il testo modificato dal Senato – diventato legge – «pur senza stravolgere quello approvato dalla Camera, ne limita di fatto la portata, circoscrivendo l’ambito di applicazione della legge al solo cyberbullismo ed esclusivamente in riferimento ai minori, sia in veste di vittime che di autori. Il testo licenziato dalla Camera in prima lettura ampliava invece l’ambito di intervento del provvedimento, estendendone l’applicabilità anche ai maggiorenni e al bullismo in generale e introducendo norme di carattere penale, sotto forma di nuove circostanze aggravanti per il reato di stalking telematico, già esistente nel nostro ordinamento».
Pur essendo tali temi meritevoli di una discussione più ampia, il testo offre comunque le prime risposte concrete a un problema molto sentito, visto anche il moltiplicarsi di episodi che rendono necessario un intervento legislativo in materia di cyberbullismo. Pertanto, facendo prevalere il senso di responsabilità, è stato ritenuto opportuno non procedere ad ulteriori modifiche, anche al fine di non vanificare il lavoro finora svolto dalle due Camere con un’ulteriore lettura da parte del Senato, in vista dell’approssimarsi della scadenza della legislatura e dell’avvio del prossimo anno scolastico.