L’articolo 69, oltre a far parte del più ampio disegno riformatore della riduzione dei costi, possiede anche un alto valore politico. È la disposizione che, infatti, assegna ad ogni singolo membro del Parlamento una indennità, ossia un emolumento economico corrispondente allo svolgimento dell’attività parlamentare. In sostanza, lo stipendio. La riforma costituzionale modificherà radicalmente questo disposto, eliminando lo stipendio dei senatori.
In realtà l’articolo 69 della Costituzione non specifica l’ammontare dello stipendio dei parlamentari, limitandosi a stabilire che ‘i membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge’. Soltanto successivamente all’entrata in vigore della Costituzione, precisamente nel 1965, fu adottata la legge numero 1261, che stabilisce, nello specifico, l’ammontare delle indennità parlamentari.
L’articolo 69, come si evince, ha un alto valore politico. Sono state numerose le occasioni in cui il dibattito politico-istituzionale e l’opinione pubblica si sono concentrati sull’aspetto economico dell’attività parlamentare, in primo luogo sugli stipendi corrisposti a deputati e senatori.
La riforma costituzionale interviene in maniera piuttosto decisa, segnando, in primo luogo, un indirizzo politico, ancorché espresso in forma giuridica. Il nuovo disposto dell’articolo 69 stabilisce infatti che non saranno più tutti ‘i membri del Parlamento’ a ricevere una indennità stabilita dalla legge, poiché questa verrà corrisposta esclusivamente ai ‘membri della Camera dei deputati’.
È importante sottolineare la coerenza sistematica sottesa a questa previsione. Se esclusivamente i membri della Camera avranno il compito di rappresentare la Nazione nel suo insieme, appare logico che solo questi ricevano una somma di denaro in corrispondenza dello svolgimento di tale attività.
L’eliminazione dei 315 stipendi si spiega sotto due punti vista: un primo di carattere economico, l’altro di carattere giuridico. Per quanto concerne il primo criterio, quello economico, è da sottolineare come l’eliminazione di 315 stipendi, piuttosto elevati, consentirà, secondo uno studio della Ragioneria dello Stato (con nota del giorno 28 ottobre, numero di protocollo 83572), un risparmio di circa cinquanta milioni l’anno, destinati ad aumentare nel momento in cui verranno messi a regime. Il risparmio, a sua volta, non sembra essere dettato da esigenze meramente economiche, ma anche dalla necessità di conferire di nuovo credibilità alle istituzioni dello Stato.
Il secondo motivo, quello giuridico, può essere spiegato nel seguente modo: i senatori saranno rappresentanti delle istituzioni locali, ossia consiglieri regionali e Sindaci. Per queste cariche sono già previste dalla legge le corrispondenti retribuzioni, e sarebbe stato illogico, nonché disallineato con tutta la logica della riforma, consentire che i nuovi senatori potessero ricevere un doppio stipendio. Avrebbe avuto poco senso eliminare poltrone se non si fossero anche eliminati gli stipendi corrispondenti.
L’articolo 69 costituisce uno dei tasselli che compongono l’elemento ‘risparmio’ presente nella riforma. Se coordinato con l’eliminazione dei rimborsi ai consigli regionali, la soppressione del CNEL, l’accorpamento del personale di Camera e Senato, l’eliminazione delle Province e molte altre previsioni, l’articolo 69 rappresenta solo il punto di partenza, per istituzioni meno costose, più sobrie, e maggiormente credibili.