E’ piuttosto evidente come l’avverbio bisillabico abbia assunto un’importanza di gran lunga superiore a quella attribuitagli dalla grammatica.
Viviamo in un momento di crisi, questo è vero, enorme e globale, che promuove pochi e condanna molti. Mai come in questo momento difficile, però, siamo di fronte nelle società occidentali, europee ed in particolare in quella italiana, alla rinuncia delle proprie responsabilità, siano esse personali o collettive.
E’ in questo contesto che il “NO” olofrastico, cioè elemento linguistico che da solo corrisponde ad un’intera frase, sconfina dalla grammatica e diventa elemento politico e sociale.
“NO” si usa di solito nelle risposte. Non è mai primigenio, mai propositivo, gioca sempre di sponda. Rappresenta l’assenza di adesione aduna proposta, ad una sfida ad un progetto.
Leggo contenti indignati ed irrisori rispetto alla scelta del Sindaco di Roma sulle Olimpiadi.
Non sono stupito da un tale decisione. Un esito di questo tipo era ampiamente annunciato e poteva essere tranquillamente profetizzato basandosi sulla tradizionale propensione al “NO” a cui i grillini hanno abituato ogni volta che questi vengono chiamati a scegliere e a contare.
Mi interessa, al netto di questo esito scontato, molto di più capire e soffermarmi su ciò che questo tipo di “NO” afferma. Sulla convinzione, cioè, che la politica, tutta, anche la loro, sia debole e inerme rispetto a speculazioni, interessi e poteri non democraticamente eletti. Questa è un’ipotesi disarmante. E’ una convenzione che legge la realtà per come è, o come in ottica molto spesso complottistica immaginano che essa sia, e non fanno nulla per cambiarla anzi, si dichiarano incapaci di cambiarla. In questa lettura non vi è nessuna emancipazione, nessun riscatto, solo una sensazione di frustrazione non risolta.
Quanta tristezza in questa visione che risulta essere autodenigratoria senza rendersi conto che anziché un valore rappresenta il suo contrario. E’ la politica intesa come gestione indifferenziata (si proprio come per i rifiuti) del consenso incapace di produrre qualcosa di positivo e utile.
Ma soprattutto è una scelta che può molto spesso apparire come conservatrice, ma molto più spesso è semplicemente una risposta infantile rispetto alla complessità.
E’ la stessa incapacità di visione che sta alla base di un altro no quello alla riforma costituzionale. Uguale in mancanza di prospettiva, in fuga dalle responsabilità nel rifiuto che questo Paese possa essere emendabile o riformabile.
Non mi si venga a dire che ci sono stati “NO” nobili, perché è del tutto evidente che ci sono stati ma non rifiutavano la complessità, né la propria messa in discussione o le proprie sicurezze anzi alla base di questa nobiltà vi era proprio questo.
Quanta differenza tra i no degli internati militari italiani che rifiutarono di collaborare con i nazisti, o dei cattolici su divorzio e aborto rispetto ai “NO” tanto in voga oggi.