Emmanuel Chidi Namdi aveva più o meno la mia età. Lui era nato nella parte sfortunata del mondo e lo aveva in parte attraversato a caro prezzo e con sofferenze per giungere in quella parte più fortunata o privilegiata.
E’ scappato dalla Nigeria dalle persecuzioni di Boko Haram, è sopravvissuto a loro, ma non al nostro razzismo. Aveva 36 anni ed era richiedente asilo.
Emmanuel è stato ucciso da Amedeo Mancini, di estrema destra, ultrà della squadra locale di Fermo. Un massacrato di pugni, calci e spranga solo perché ha difeso la sua compagna, etichettata “scimmia” dall’uomo.
E’ stato ucciso dal razzismo, ma non solo. E’ stato ucciso dalla paura del diverso, dalla rabbia, dalla collera, spesso fomentata dalla politica, da uomini delle Istituzioni. Ormai il razzismo in Italia non è più tabù, è sdoganato, è accettato, autorizzato ogni giorno dalla violenza verbale che certi leader politici usano sui social e non solo.
Nel frattempo, la compagna di Emmanuel ha dato il consenso per il trapianto degli organi, che potranno andare a chiunque, senza distinzioni di etnia, credo politico o colore della pelle.
Un gesto pieno di umanità contro un gesto che di umano non ha nulla.