Durante l’ultimo vertice europeo dedicato alla crisi economica, i teleoperatori non si sono lasciati sfuggire gli sguardi di complice sopportazione che Angela Merkel e Nicolas Sarkozy si sono scambiati quando Berlusconi ha spiegato che l’Italia starebbe meglio degli altri. Le loro riprese sono state poi selezionate dai telegiornali italiani, restii a mostrare un presidente del consiglio che continua a coprirsi di ridicolo. E, poi, gli affari sono affari, conta la ciccia non le moine. E il presidente francese era in procinto di firmare un buon affare con l’Italia, inutile sottilizzare. Gli affari riguardano il nucleare. Finalmente i francesi hanno trovato un acquirente delle loro esperienze, tecnologie, politiche; si apre loro un mercato chiuso quasi ovunque; hanno scritto loro merito e tempistica. Il gioco è fatto. Per ora.
Il vertice italo-francese di Roma prevede quattro nuove centrali nucleari, costruite insieme tutte in territorio italiano, aprendo il mercato italiano dell’energia atomica (chiuso per espressa volontà popolare da oltre venti anni) ai grandi players francesi. La Francia esporta in Italia la propria tecnologia nucleare e accetta che gli italiani partecipino alle future eventuali (incerte e precarie) esportazioni della tecnologia francese.
A Roma si decide di costruire in Italia centrali della cosiddetta terza generazione di nucleare (costosa, pericolosa, idrovora, militarizzata, senza soluzioni per le scorie). Stop. Il balbettio del PD sul fatto che non sarebbe giusto già dire no a quelle di quarta generazione viene zittito per quello che è, ipocrita ed incompetente. La produzione di quarta generazione non esiste, alla ricerca in tal senso tutti abbiamo detto sempre si, ENEL e governo hanno parlato sempre e comunque di terza generazione per l’Italia che governano (loro) oggi.
A Roma si decide che, se tutto va bene, il primo chilowattora nucleare servirà alla domanda di energia elettrica (non solo) degli italiani dopo il 2020, allora sarà eventualmente forse pronta solo la prima delle quattro centrali, le altre dopo. E noi, in base agli accordi europei, dovremo ridurre entro il 2020, le emissioni di gas serra, dunque molto prima che eventualmente forse il nucleare possa sostituire fonti che li emettono. Doppio danno dunque: la priorità data al nucleare taglia le gambe alle fonti rinnovabili e non aiuta alla svolta energetica decisa dall’Europa, per mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici.
Ovviamente bisogna mobilitarsi subito e bene, con militanza diffusa e scientifica. Moltiplichiamo le iniziative dei movimenti, la documentazione istituzionale, i pronunciamenti del mondo della ricerca e dell’università. L’accordo ancora non ha il via libera parlamentare, già sarebbe qualcosa che il pd passasse dall’astensione al voto contrario. Nessuno ha finora descritto come si scelgono i siti e in Italia un sito idoneo (distante da centri abitati, difendibile come Fort Knox) non è facilmente individuabile. Per altro si parla di nuove centrali nei siti vecchi e la Regione Emilia Romagna ha già dichiarato (a dicembre, su iniziativa di Sinistra Democratica) la propria indisponibilità. Vedremo quali regioni, province, comuni si faranno avanti per ospitare la prima pietra della prima centrale nucleare. Vedremo. Intanto diciamo no, spieghiamo l’errore che stanno facendo. E mobilitiamoci con spirito unitario e antica determinazione!
*della Direzione nazionale di Sd