Nella settimana la Camera ha approvato in prima lettura il dl sulle banche di credito coperativo e ha prorogato la durata della commissione d’inchiesta sui Cie.
Disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, recante misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio (A.C. 3606-A)
Dopo la riforma della disciplina delle banche popolari, il Governo ha deciso di compiere un altro importante passo nell’ampio disegno di ristrutturazione e innovazione della normativa italiana concernente l’intero sistema bancario, con l’obiettivo di rafforzarlo, di renderlo più resistente di fronte ad ogni possibile shock, di mettere gli istituti nelle condizioni di finanziare adeguatamente l’economia reale e di favorire così la crescita e l’occupazione. Viene ridisegnato il sistema del credito cooperativo italiano, introducendo forti elementi di innovazione e al tempo stesso mantenendone integra l’identità.
Proposta di inchiesta parlamentare: Gelli ed altri: Modifiche alla deliberazione della Camera dei deputati 17 novembre 2014, recante istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza, nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e nei centri di identificazione ed espulsione (Doc. XXII, n. 62-A)
Da quando la Commissione iniziò il suo lavoro è evidente quanto rapida e impetuosa sia stata in poco più di un anno l’evoluzione della materia oggetto dell’inchiesta.
I flussi migratori verso l’Italia di profughi richiedenti asilo in fuga dalle aree di conflitto del Nordafrica e del Medio Oriente hanno avuto un incremento eccezionale a partire dalla metà del 2014. Poi, nel corso del 2015, l’esodo è cresciuto ulteriormente e ha investito l’intera Europa e ha assunto contorni sempre più drammatici.Quindi, alla luce dei mutamenti in corso, c’è l’esigenza di rimodulare la prospettiva dell’indagine per rivisitare la materia nella sua complessità: le modalità di prima accoglienza, di identificazione, la protezione dei minori e dei soggetti più fragili, i modelli di organizzazione dei centri, i requisiti e le procedure per la loro gestione, gli standard dei servizi da fornire e, poi, i tempi e le procedure dell’esame delle domande di asilo, la questione dei rimpatri, infine, non ultimo per ordine di importanza, il tema dei costi a carico dello Stato di tutto questo. L’indagine fin qui svolta dalla Commissione, grazie a una mole ingente di materiali, di audizioni e di sopralluoghi, ha consentito di mettere a fuoco le scelte di fondo fatte dal nostro Paese, evidenziandone i molti aspetti positivi e anche alcuni elementi di criticità. In accordo con regioni ed enti locali, si è deciso di superare il modello seguito in passato, che prevedeva di concentrare i migranti in grandi strutture da migliaia di posti, privilegiando, invece, in alternativa, l’accoglienza di piccoli gruppi distribuiti sul territorio nazionale. Il superamento dei grandi centri è una scelta molto condivisibile, perché queste strutture offrono condizioni di permanenza spesso non dignitose ai migranti, comportano più problemi sul piano dell’impatto nei territori della sicurezza, dell’allarme sociale, e hanno evidenziato anche falle sul piano della trasparenza e della legalità, come è emerso da alcune indagini in corso. Sarebbe inutile perseverare in un approccio emergenziale quando siamo di fronte a un fenomeno ormai da tutti riconosciuto come costante e ampiamente prevedibile. Bisogna allestire un sistema di accoglienza permanente, strutturato, articolato nel territorio, governato con un coordinamento stabile delle funzioni di Governo, prefetture, regioni, enti locali e anche delle associazioni del territorio. È a questo obiettivo che il nostro Paese ha dedicato notevoli sforzi nell’ultimo anno, con risultati indubbiamente buoni.