Senza piano industriale si è becchini del sistema produttivo

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L’intervento in Aula del Deputato di Sinistra Ecologia Libertà Fabio Lavagno, durante la discussione attinente le iniziative per il rilancio del settore manifatturiero.

L’elenco delle aziende in crisi che sto seguendo e che mi sono stati rapportati in queste ultime due settimane purtroppo è molto lungo. Parlo della Bundy di Borghetto Borbera, in cui circa 200 dipendenti vedono a rischio il proprio futuro.

Della divisione Come, che produce cestelli per lavastoviglie per la Electrolux, che vede 150 dipendenti, per lo più donne, al quarto anno di contratto di solidarietà.

Nel settore del freddo, della Mondial Group, dove anche lì 200 dipendenti hanno un contratto di solidarietà senza vedere la fine della crisi; della Marcegaglia di Pozzolo Formigaro, la cui chiusura di un solo reparto determina l’esubero di 72 persone.

Parlo del problema di un settore come quello dell’industria grafica, della Cerutti, che vede ballare anche lì circa 170 persone tra i siti di Casale Monferrato e di Vercelli.

Della Coca-Cola di Gaglianico, la Powertrain di Verrone, la Klinker Sire del cuneese così come l’Unieuro, sempre nel cuneese.

Ebbene, sono nomi di aziende che determinano una crisi dei distretti industriali del Piemonte pari al 4,1 per cento nel tessile, nella rubinetteria pari al 2,8 per cento, nei casalinghi pari al 10 per cento e ancor di più nelle macchine tessili, sino al caso del settore orafo, che vede cadere 1000 dipendenti nell’arco degli ultimi cinque anni.

Non mancherebbero i casi positivi, soprattutto nel campo della ricerca e dell’industria farmaceutica. Parlo della Sorin Biomedica e della Novamont.

Le strade piemontesi stanno diventando cimiteri produttivi.Rassegnarsi a non avere un piano industriale per questo Paese vuol dire rassegnarsi al poco nobile compito di fare i becchini del sistema produttivo italiano.

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