Siamo alla puntata numero tre, o 2-bis, se si preferisce. Questo, infatti, come è stato ricordato, è il terzo tentativo di delega fiscale che si è susseguito negli ultimi anni, ed è una diretta conseguenza, una diretta eredità, del testo approvato nel novembre 2012, che poi, per la prematura interruzione della legislatura, lì si è interrotto. In qualche modo, da quel testo è partita una lunga e articolata discussione che ha coinvolto negli scorsi mesi, nelle scorse settimane, la Commissione finanze. Quindi, è opportuno segnalare come la discussione sia avvenuta in un clima serio, di confronto da parte di tutti i componenti i gruppi, e credo che un ringraziamento vada dato a questa disponibilità generale, in particolare dall’atteggiamento anche della presidenza della Commissione, che ha saputo cogliere gli aspetti migliori che potessero venir fuori della discussione.
E credo che un ringraziamento vada speso, in particolare, dal nostro gruppo all’onorevole Paglia che, per conto del gruppo Sinistra Ecologia Libertà, ha seguito i lavori nel Comitato ristretto apportando contributi qualificanti, molti dei quali anche assorbiti, che ora sono parte integrante di questo provvedimento. Però ogni provvedimento deve inserirsi in un contesto, in un chiaro contesto politico, in un chiaro contesto storico e, in qualche modo, è l’istituto stesso della delega a renderci e a lasciarci perplessi in questo preciso momento. Infatti, una delega in bianco ad un Governo sulle materie fiscali, come quella che la Camera sta discutendo oggi, su un Governo che, su temi come quelli fiscali come su altri, subisce grosse pressioni, grosse spinte e che quasi sempre si configurano con risultati contrari a quelli che noi perseguiamo, non può che lasciarci perplessi.
La discussione della delega fiscale, peraltro, avviene proprio nella settimana in cui il Governo, nella sua seppur breve vita, sembra attraversare i propri giorni più drammatici e la cui sorte appare appesa ad in filo, e l’intervento che mi ha appena preceduto ci dice che noi stiamo dando vita a provvedimenti di lunga durata, di lunga vita, provvedimenti che rischiano di avere una vita superiore a quella dello stesso Esecutivo che noi deleghiamo a dare compimento.
Per delegare qualcuno occorre fidarsi, occorre condividerne risultati ed obiettivi e noi, purtroppo, dobbiamo rimarcare ancora una volta che non ci fidiamo di questo Governo, costretto a sottostare a continui ricatti, che traggono origine da promesse elettorali di una parte che lo sostiene. È ormai evidente, stando alle materie fiscali, come la cambiale dell’IMU concessa dal Governo Letta la pagheranno i cittadini a partire dalla vicenda IVA. Vicenda confusa e rimandata e che qualora trovasse una soluzione non si configurerebbe se non in ulteriori tagli alle spese sociali, alle spese sull’istruzione, alle spese sulla sanità.
Come possiamo fidarci di un Governo che sposta la pressione fiscale dalle rendite immobiliari ad una maggiore tassazione sul consumo ? Come possiamo fidarci di un Governo che invece di correggere e imboccare la via di una più equa redistribuzione della ricchezza, spalma il costo dei propri rinvii sulla totalità dei cittadini, indebolendo ancora una volta di più il potere d’acquisto, in particolare quello delle fasce più deboli e quello dei lavoratori dipendenti ?
Come possiamo fidarci di un Governo che parla di ulteriori accise sulla benzina ? Che parla dell’ipotesi di rivedere le detrazioni sulle assicurazioni ? Sono tutti segnali che il Governo, delega o non delega, sta comunque intervenendo pesantemente sulle materie fiscali e lo sta facendo, a nostro avviso, nel peggiore dei modi.
Il titolo del provvedimento in discussione, «disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», evoca onestamente obiettivi altisonanti. Dato in mano però a questo Governo, abbiamo buona ragione di ritenere che produrrà effetti deludenti e ben al di sotto delle aspettative. Questo provvedimento non si pone come un intervento normativo radicale, è stato dichiarato, per intervento del relatore e del primo intervento a seguito del relatore, che non c’è nessuna intenzione di organica riforma della politica tributaria e non c’è nessuna volontà di andare a creare una norma seria e impostata all’attuazione di un particolare modello di tax design, né questo provvedimento ha l’ambizione di riformare l’intero sistema tributario, ma si limita ad intervenire per correggere e superare alcuni aspetti critici del sistema fiscale italiano rilevati, peraltro, anche nel Rapporto del Fondo monetario internazionale, al fine di renderlo più funzionale alla crescita ed all’equità consentendo così a quello del nostro Paese di superare alcune sue storiche arretratezze, non di ridisegnare il complesso delle proprie inadeguatezze.
Si tratterà di un provvedimento che sarà molto seguito da chi discute di ricette economiche ai cenacoli di Cernobbio, anche a quelli che ultimamente vi si sono affacciati, o ai lettori di quotidiani economici, a chi ha a che fare con l’amministrazione tributaria, non certo alle migliaia di famiglie sempre più in difficoltà che stentano ad arrivare alla fine del mese.