E’ trascorso esattamente un anno da quando il 13 febbraio 2012 il Tribunale di Torino ha emesso la sentenza del Processo Eternit. La sentenza aveva qualcosa di storico e decisivo, non solo perché si è trattato del più grande processo penale in Italia e nel mondo per le morti d’amianto, ma perché riconosce e punisce il disastro doloso e l’omissione dolosa di misure antinfortunistiche.
Nelle motivazioni della condanna a carico di Schmidheiny e De Cartier, ritenuti colpevoli si legge: “hanno cercato di nascondere e minimizzare gli effetti nocivi per l’ambiente e le persone derivanti dalla lavorazione dell’amianto pur di proseguire nella condotta criminosa intrapresa, facendo così trasparire un dolo di elevatissima intesità’.
Oggi si apre l’Appello per lo stesso procedimento.
Si tratta di un ulteriore passo, doloroso, ma necessario nel percorso della giustizia per una battaglia battaglia che, iniziata sindacalmente, è divenuta coscienza civile.
Lo spirito con cui intere comunità si stringono e parteciperanno costantemente seguendo l’iter giudiziario è lo stesso di sempre: perseguire la via della giustizia per ribadire ancora una volta che la produzione e il lavoro non sono merci e che la salute e l’ambiente non sono barattabili economicamente.