di Titti Di Salvo
Nell’incontro di ieri tra governo e parti sociali di certo c’è solo la conferma della crisi che attraversa il paese:tutti i dati forniti ieri dal Ministro Tremonti ,dalla caduta del PIL all’aumento del debito pubblico, erano stati anticipati da tempo da autorità nazionali,la Banca d’Italia e da Istituti prestigiosi come l’Ocse.
In quelle occasioni sia le autorità nazionali che l’Istituto parigino erano stati guardati di traverso da un governo preoccupato di minimizzare la profondità della crisi per minimizzare il disastro della sua inesistente azione anticiclica.
Oggi alla vigilia dei mesi bui autunnali,quelli in cui andranno a scadenza gli ammortizzatori sociali che hanno frenato la caduta del reddito delle persone,le cifre della crisi sono confermate,ma immutato è lo stile della comunicazione e l’assenza della sostanza delle proposte.
Intanto le parti sociali non sono state coinvolte né informate delle scelte che dopo qualche ora il governo si apprestava a varare –lo scudo fiscale-per condonare gli evasori,mentre continuava a negare l’abbassamento delle tasse agli unici contribuenti fedeli, i pensionati,i lavoratori e le lavoratrici dipendenti:la conferma di una scelta miope oltre che iniqua, di fronte all’evidenza che la crisi è caduta della domanda e che dalla crisi se ne esce aiutando i consumi,cioè il reddito delle persone.
Nessuna informazione è stata anche fornita nella stessa occasione sul tormentone dell’aumento dell’età pensionabile per le donne.
Naturalmente tante sono le considerazioni possibili sull’argomento.
Innanzitutto sul metodo:sulla previdenza,e sul resto,si conferma la scelta autoritaria di un governo orientato a fare da solo,o meglio a fare senza il sindacato,sicuramente senza la CGIL.
L’argomento poi dell’aumento dell’età pensionabile è di quelli che si prestano ad essere rivelatori di una idea generale,dei rapporti sociali e della struttura produttiva,al di là del paravento dell’Unione Europea ,che fornisce risposte sbagliate forse anche in presenza di domande sbagliate poste dai governi.(Piacerebbe infatti sapere che cosa dirà l’Unione Europea di una differenza che si manifesterà tra le lavoratrici private e pubbliche,a proposito di parità,nel caso in cui venissero cambiate le regole previdenziale per le lavoratrici del pubblico impiego).
Vale la pena di ricordare che durante il governo Prodi l’allora maggioranza aveva al suo interno opinione diverse;che molte donne autorevoli avevano sull’argomento avanzato opinioni favorevoli,allora come ora,e che la motivazione-giustificazione utilizzata per sostenere l’aumento dell’età pensionabile delle donne come strumento di parità aveva trovato e ritrova ancora oggi molti sostenitori e molte sostenitrici.
Ricordo in primo luogo la discussione nel campo del centro-sinistra perché è evidente la strumentalità di quella del governo e della sua maggioranza,pur con differenze al loro interno legate alle diverse rappresentanze, :l’obiettivo è quello di far cassa sulla previdenza pubblica per alimentare spese diverse .
Per la Confindustria le risorse dovrebbero andare a finanziare la “ripresa”cioè le imprese,per altri gli ammortizzatori sociali:in ogni caso con un meccanismo di solidarietà dai lavoratori dipendenti ad altri lavoratori o addirittura ad altri soggetti titolari di ben altre risorse.
Senza nascondere che anche in “Sinistra e libertà”convivono opinioni diverse, vale la pena invece di esaminare le motivazioni con le quali sull’argomento l’opposizione parlamentare di oggi ha aperto da tempo un varco culturale :al di là dell’opposizione che verrà fatta probabilmente sul metodo o sulle modalità della scelta di innalzamento.
La principale di queste motivazioni consiste anche in questo caso nella destinazione delle risorse che si recupererebbero con l’innalzamento dell’età pensionabile per le lavoratrici:a favore delle donne.
Non è mia intenzione fare facile ironia su argomenti che non si prestano ,come quello serissimo dell’assenza di politiche di aiuto alle donne nello slalom della vita quotidiana,tra la cura dei figli e degli anziani,la discriminazione sul lavoro ecc.
Ugualmente tante domande vengono in mente,che meriterebbero una risposta ,anche se “politicamente scorretta”.
Cosa vuol dire destinare risorse per le donne e le politiche di conciliazione?Il governo ha detto che i 2,5 miliardi di risparmi saranno convogliati nel Fondo sociale per la non auto-sufficienza?Allora non va bene perchè le risorse derivate dalle lavoratrici del pubblico impiego dovrebbero andare a finanziare gli interventi a sostegno di altre lavoratrici sempre del pubblico impiego o a chi?
E perché non sostenere il ripristo della libertà di scelta per andare in pensione che era contenuta nella riforma Dini?
E ancora che senso ha parlare di allungamento della vita lavorativa quando si parla da mesi, e ancora si parlerà per mesi, di espulsione dai processi lavorativi degli uomini e delle donne,ma le prime ad essere espulse sono le lavoratrici ?Quelle stesse che ,se precarie,e la maggioranza dei precari è donna,alla pensione non ci arriveranno mai, perché non matureranno mai il diritto mano a mano che le asticelle si alzano.E non è questo il problema principale?
E come si misura quella tanta vita lavorativa che le donne svolgono fuori dal ciclo produttivo?Questa considerazione è stata all’origine della differenza dell’età pensionabile tra donne e uomini e non è certo cominciando dalla coda che si incentiva la redistribuzione del lavoro di cura tra donne e uomini.
E a proposito di parità,perché non rispondere alla UE che la legge di parità del 1977 consente già oggi alle donne italiane di andare in pensione a 65 anni?
E perché non aggiungere a quella risposta che l’età di pensionamento delle donne italiane è già più alta di quella degli uomini che godono della pensione di anzianità:quella che le donne difficilmente riescono a maturare perché escono dal mercato del lavoro per accudire figli e genitori anziani?
Perché non affrontare il tema delle pensioni basse delle donne dal verso giusto:quelle pensioni sono più basse perché fanno lavori peggio pagati e dunque il problema è la discriminazione nell’accesso al lavoro e i differenziali salariali?
Perché accomodarsi in un’idea della parità a perdere,che è propria di una cultura patriarcale?
Perché non chiedere alle donne un’opinione, a quelle stesse che nel posto di lavoro magari ci rimarrebbero ,ma che oggi faranno la corsa ad andare via di fronte agli annunci di prolungamento,nel pubblico impiego e ovunque?
Poi naturalmente bisognerà sottolineare con energia,come ha fatto solo la CGIL, la strumentalità e le contraddizioni del governo:mentre si allunga l’età pensionabile delle donne e si imbelletta la scelta,nello stesso tempo nella pubblica amministrazione si dice che vanno mandati a casa i dirigenti che hanno maturato i 40 anni di contribuzione a qualunque età,anche sotto i 60 anni-il che farà immediatamente lievitare la spesa per pensioni e farà mancare ,soprattutto nella sanità competenze preziose non sostituite-.
Non solo:parrebbe che da tale vincolo prescrittivo sarebbero esonerati gli Enti Previdenziali commissariati,non tutti i dirigenti,solo i Direttori Generali.
Alla faccia delle donne e degli uomini di questo paese,ma sempre per il loro bene!