Aziende pubbliche, stop agli sprechi. Se non servono ai cittadini, si chiudono

7 years ago by in #Millegiorni e oltre - Fatti Concreti, Info Tagged: , ,

C’erano società con più amministratori che dipendenti. Società che servivano solo a tenere in vita i CdA.

Con la riforma della pubblica amministrazione ORA si fa sul serio. Basta sprechi, sperperi, aziende inutili, senza che a farne le spese siano i dipendenti.

La legge stabilisce la chiusura immediata delle aziende con capitali pubblici che:

• hanno più componenti dei Cda che dipendenti (le cosiddette “scatole vuote”);
• sono inattive o con fatturato sotto i 500mila euro (dal 2020 la soglia sarà alzata e portata gradualmente a 1 milione di euro);
• duplicano le funzioni societarie all’interno dello stesso territorio;
• risultano malgestite, con quattro bilanci in rosso su cinque (salvo le società che gestiscono servizi pubblici di interesse generale);
• hanno finalità estranee all’interesse pubblico.

Le partecipate (così sono chiamate le società nelle quali una quota di capitale sociale è di proprietà di un ente pubblico) davvero utili all’interesse collettivo dovranno essere amministrate in maniera competente ed onesta, e avere costi di gestione più virtuosi.

Abbiamo eliminato la carica di vicepresidente e i gettoni aggiuntivi ai tetti agli stipendi e vietato i gettoni di presenza, le buonuscite per i manager in caso di risultati negativi e l’affidamento di deleghe per gli amministratori.

La scadenza è perentoria: entro il 30 settembre 2017 tutte le amministrazioni hanno dovuto deliberare il proprio piano straordinario di razionalizzazioni, da inviare successivamente al Ministero dell’Economia.

La riforma prevede sanzioni, anche severe, per la mancata chiusura (sanzioni pecuniarie e perdita dei diritti di socio) che rappresentano un importante disincentivo all’elusione delle norme.

Dai primi dati raccolti con una indagine compiuta dal Sole24 ore su un campione di 86 Comuni capoluogo di Provincia nelle Regioni a Statuto, emerge un ottimo risultato: con 1.204 partecipazioni censite 370 saranno cedute, fuse o liquidate, dunque 1 su 3.

Emerge anche che i tagli più significativi si verificano dove maggiori sono le ramificazioni societarie, fatte per offrire posti aggiuntivi negli organigrammi.

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