Trent’anni fa, noi europei scoprimmo l’esistenza di una centrale nucleare chiamata Chernobyl. In realtà la centrale si chiamava Lenin, ma Chernobyl (o Cernobyl, i giornali italiani non hanno mai svolto una grande attività didattica in termini di traslitterazione da lingue straniere) divenne il luogo dove si realizzarono le paure e i terrori nucleari.
E’ un ricordo di un’evento, di cui in realtà abbiamo studiato pochissimo, che comunque ha cambiato la percezione, in modo radicale, di almeno due generazioni.
Per quanto bambino all’epoca, ho il preciso ricordo dell’ironia con cui si accoglieva il maldestro tentativo di minimizzare l’evento, ma non poteva essere che così, in fondo era accaduto nell’oscura Unione Sovietica. Ho il ricordo delle raccomandazioni sul consumo di latte di verdure a foglia larga, ho imparato che lo stronzio era un’elemento e non una volgarità.
Ricordo l’intervento di quelli accorsi al capezzale del reattore scoppiato, che poi ho scoperto furono chiamati “liquidatori” e la consapevolezza straziante che la promessa, a loro rivolta, di una pensione anticipata e l’essere insigniti di una qualche onorificenza dell’araldica sovietica sarebbero stata poca cosa di fronte ad una letale esposizione.
Ricordo che l’emotività ambientalista italiana portò da lì a breve alla sacrosanta scelta di abbandonare il nucleare come fonte energetica, senza prevedere, d’altra parte, una radicale scelta alternativa in termini energetici.
Ricordo la grafica ingenua degli anni ’80 che mostrava sugli schermi televisivi, alcuni dei quali ancora in bianco e nero a rendere più drammatica la situazione, una nuvoletta che si spostava sul continente europeo e capivo che quei confini erano rasoterra e non difendevano molto da un’evento di carattere ambientale di quella portata.
Oggi il trentennale di questi eventi trova un po’ di spazio sui quotidiani, ma ha un posto ben preciso in una generazione come la mia educata ad un catastrofico e dozzinale ecologismo, che ha fatto in tempo a conoscere il mantra dei “blocchi contrapposti”.